di Maria Nerina Galiè
«Qualche anno fa si andava dal dottore con il cappello in mano, ora invece ci si reca con il coltello tra i denti»: il dottor Antonio Ciucani, direttore facente funzioni del Pronto Soccorso del Murri di Fermo, non le manda a dire.
E ritiene che anche il difficile contesto ambientale, caratterizzato da una sorta di pregiudizio da parte dell’utente che vuole “tutto e subito”, incida notevolmente sulla diaspora dei medici dal Pronto Soccorso.
In un paio d’anni il Pronto Soccorso e il 118 fermani hanno 14 strutturati. Al Pronto Soccorso, su un organico che prevede 18 medici più il primario, ora ce ne sono 4 più il primario. Stessa cosa al 118: dovrebbero essere una ventina, ma ce ne sono 12.
C’è chi è andato in pensione o, per motivo personali, ha scelto altre province o regioni, ma in diversi «inutile negarlo – sottolinea Ciucani – se ne sono andati per cercare una migliore qualità della vita. Noi medici di Pronto Soccorso non abbiamo più soldi, più ferie, più indennità rispetto agli altri colleghi. Abbiamo invece turni massacranti e spesso, troppo spesso, siamo vittime di aggressioni verbali e fisiche, da parte di un’utenza sempre più “agguerrita”. I cittadini arrivano da noi già con il pregiudizio che vada tutto male, che avranno un disservizio. Almeno due, tre volte alla settimana devo rispondere a patetiche lamentele, a giudizi gratuiti di persone che ci danno dell’incompetente, a minacce vere e proprie».
Tanti soldi invece per i professionisti arruolati nelle cooperative, che elargiscono servizi al Pronto Soccorso di Fermo, già dal 2020, quando poteva contare ancora su 13 strutturati. Ma l’emergenza Covid ha fatto crescere la domanda a fronte di un’offerta che non c’era, la soluzione dei medici a gettone sembrava l’unica possibile.
«L’Asur allora – continua il direttore dell’Emergenza fermana – ha fatto ricorso ad una cooperativa che, nel tempo, è arrivata a fornirci una ventina di medici. Alcuni di loro, da un paio di mesi, lavorano anche al 118. La maggior parte di loro si occupa dei codici minori, ma abbiamo selezionato un gruppo in grado di affrontare anche i codici maggiori». Tra questi c’è anche il dottor Flavio Paride Postacchini, ex direttore della centrale operativa del 118 di Ascoli che copre il Piceno ed il Fermano.
I professionisti esterni, i cosiddetti medici a gettone, lavorano a tariffe quasi doppie rispetto ad un strutturato e senza specializzazione, facendo considerare questo sistema un sperpero di denaro.
Di recente l’Asur ha emesso un bando regionale per cooperative, al costo di 1.350 euro lorde a turno di 12 ore: pari a circa 112 euro l’ora. Per l’Area Vasta 4, ora Ast Fermo, nessuno ha risposto al bando.
«A parte il bando che non ci riguarda – sono ancora le parole del primario di Pronto Soccorso e 118 di Fermo – ritengo che sia un luogo comune gridare allo scandalo. Più soldi ad ora, è vero, per i medici delle cooperative. Qui intanto sono sui 90-95 euro lordi. Ma anche più spese, pari a quelle di un libero professionista. Anche sulla specializzazione potrei spezzare una lancia a favore di chi non la possiede e magari per decenni ha lavorato nell’emergenza, maturando un’esperienza pari a pochi. Attenzione, la specializzazione in Medicina d’Emergenza e Urgenza è relativamente giovane».
Il decreto legge 34 del ministro Schillaci, di recentissima approvazione, prevede “l’incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive nei servizi di emergenza-urgenza. Le Aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale possono ricorrere, per l’anno 2023, alle prestazioni aggiuntive la cui tariffa oraria può essere aumentata fino a 100 euro lordi” (Fonte: Ministero della Salute).
«Non ha senso – tuona Ciucani – un medico che lavora già 38 ore alla settimana, quante ore di straordinario potrà garantire in un mese al sistema sanitario nazionale? I 100 euro, piuttosto, ce li mettano in busta paga sulle ore già previste, insieme a qualche giorno di ferie, a qualche ora di riposo in più. Che si cambino i contratti. E, ancora prima, che si tuteli il personale dei Pronto Soccorso, creando migliori condizioni migliori, non solo sotto l’aspetto economico. Ecco, l’utenza, riservi la rabbia e riversi l’insoddisfazione su chi ha il potere di cambiare le leggi e l’organizzazione del Pronto Soccorso stesso. Non a noi che facciamo più del possibile, visti i numeri e le situazioni».
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