In questo tempo occorre essere generosi e costruire un reale spazio politico, di contenuti e proposte utili al Paese che ad oggi il Governo Meloni non sta trattando: essere riformisti significa riappropriarsi di alcune parole chiave come tasse e sicurezza, in merito alle quali la destra non è in grado di garantire riforme efficaci, e tematiche come lavoro e cultura, per le quali la sinistra massimalista non riesce a declinare soluzioni che interpretino realmente la fotografia del paese. C’è uno spazio politico che soltanto una politica riformista può occupare, a tutti i livelli, concentrando il proprio impegno sui contenuti, sulle cose da fare, e non sulle ideologie, sugli schemi precostituiti, sui veti precostituiti su simbologie varie o appartenenze politiche o culturali. Esiste il riformismo nel centrosintra come altrove, nel civismo, nella destra moderata: se non si accetta tutto ciò non si uscirà da un vorticoso circuito che relegherà ogni buona intenzione al gioco dei vecchi schemi partitici che oggi, nel 2023, risultano ormai superati, peraltro come dimostrano gli esiti dell’ultima tornata elettorale nel panorama nazionale.
“365 giorni all’alba” è stato il titolo dell’assemblea nazionale di ieri, prendendo proprio come spunto la scadenza delle prossime elezioni Europee e quella delle Amministrative 2024 che avranno il medesimo appuntamento in tanti comuni italiani.
In un ottica di Riformismo reale, mirato appunto sui contenuti e sulle cose da fare, sarebbe riduttivo o quanto meno contraddittorio ragionare su schemi di alleanze precostituite, calate dall’alto, completamente avulse dalle reali necessità dei territori e delle persone che vorranno interpretare quelle proposte: il riformismo non è di un partito o di una sola forza politica, ma occupa uno spazio trasversale che non si limita ad individuare simboli o marchi, ma trova il luogo di incontro sui programmi, sulla visione politica, sulle scelte programmatiche: finchè non si cammina in tal senso, ad avere la meglio saranno sempre coloro che propongono slogan e promesse accativanti, marchiate di populismo più che di politica, ma, purtroppo, efficaci sulla gente specialmente se richiamanti l’abbassamento di tasse o il freno all’immigrato o anche le promesse facili sul rilancio dell’occupazione.
Se si vuole essere vincenti occorre aprire i propri orizzonti, senza veti, senza preclusioni per coloro che si ritrovino sugli stessi programmi innovativi; se una proposta è buona, utile per una comunità, innovativa e condivisibile, si sostiene e basta, non si guarda al marchio di fabbrica di colui che la propone: Il Riformismo è anche e soprattutto questo. Il resto è vecchia politica, è pregiudizio. E’ sconfitta preannunciata».
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