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Le storie di Walter: Francesco Ceci, il ritorno del Re Leone

ASCOLI - A 34 anni, e altrettanti titoli italiani nel palmares, il pluricampione pistard ascolano punta ora, da guida, alle prossime Paralimpiadi di Parigi 2024. La discussa esclusione dalla Nazionale, la sua tenacia e i sacrifici affrontati per tornare ai più alti livelli. La passione smisurata della famiglia Ceci per le corse, su strada e su pista, nata con il nonno Alfonso, nobilitata dallo zio Vincenzo, olimpionico a Los Angeles 1984, e trasmessa a lui e al fratello Davide da papà Claudio. La lunga storia del Gruppo Sportivo Ceci, il più vincente di sempre di Ascoli con 68 titoli tricolori, 5 medaglie fra Mondiali ed Europei e 2 olimpionici
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Claudio Ceci con i figli Francesco e Davide

 

di Walter Luzi

A Francesco Ceci, a trentadue anni con trentaquattro titoli nazionali di ciclismo su pista in bacheca, campione italiano in carica, imbattuto, e più volte recordman, qualcuno ha detto che non serviva più.

 

Francesco Ceci su uno dei tanti gradini nazionali più alti del podio

 

Ma i Ceci, passione e tenacia non comuni, non si arrendono mai. In Ascoli vendono bici, auto e moto da una vita, ma sono più conosciuti, ovunque, per le imprese del proprio gruppo sportivo ciclistico. Che porta il loro nome, e che è ormai prossimo al mezzo secolo di attività.

 

Uno dei tanti irresistibili sprint di Francesco Ceci

 

Che ha sempre primeggiato, sfidando l’egemonia geopolitica ed economica nordista, e sfornato campioni del pedale come Vincenzo Ceci, Fabio Roscioli e Francesco Ceci, fra i tanti. A distanza di quarant’anni dall’avventura americana di Los Angeles 84 dello zio Vincenzo, per Francesco si riapre il sogno olimpico di Parigi 2024. In tandem con l’atleta ipovedente comasco Stefano Meroni, si giocherà nelle prossime settimane, fra Scozia e Brasile, la prima storica qualificazione italiana nella specialità per le Paralimpiadi di Parigi 2024. Il leone torna a ruggire. Il vecchio cuore dei Ceci batte sempre forte.

 

LU POLACCH’

 

Alfonso Ceci lo conoscevano tutti come lu polacch’. Perchè era biondissimo, e orgoglioso. Aveva corso in bicicletta da ragazzino, e poi in moto, fra i primi in città a sporcarsi le mani smontando il motore di una Laverda.

 

La tessera di allievo ciclista Alfonso Ceci nel 1952

 

 

Aveva conosciuto, e presto sposato, Ave Maria Vagnoni, tifosa anch’essa sfegatata di ciclismo, negli anni della storica rivalità fra Coppi e Bartali. Viaggio di nozze, ovviamente, in moto con le piccole valige degli sposi legate dietro al sellino con lo spago. Avranno tre figli. Claudio nel 1960, Nadia nel 1962 e Vincenzo nel 1964.

 

Alfonso Ceci da ragazzo a Brecciarolo in sella a una delle prime motociclette in circolazione

 

 

Alfonso chiama in aiuto i fratelli Eraldo ed Ezio a dargli una mano in concessionaria, e officina annessa, quando da bici e moto passa a vendere anche automobili. Dalle Guzzi, Benelli, Ducati, dalle Lambrette Innocenti alle Vespe Piaggio, alle prime Citroen a Autobianchi. I suoi figli iniziano presto, nella categoria Giovanissimi, da sei a tredici anni, istituita dalla federazione nel 1971, a correre in bici con la U.S. Acli di Gino Vallesi, Ermenegildo Lelli e Vinicio Polini, insieme a tanti altri bambini di Poggio di Bretta.

 

Alfonso Ceci con i suoi pupilli a una corsa nel 1976

 

E’ proprio qui, davanti al pubblico amico, che Alfonso Ceci organizza la sua prima corsa. E’ un trionfo che incoraggia tutta la famiglia. Claudio e Vincenzo vincono entrambi nelle rispettive categorie.

 

I giovanissimi fratelli Vincenzo e Claudio Ceci

 

Nel 1976 Alfonso fonda il G.S. Ceci Piaggio Gilera, poi divenuto Bianchi, e quindi, fino ai giorni nostri, il Team Ceci Dream Bike. Varerà, con buoni risultati, anche una squadra femminile, e vanta oggi, fra gli altri tesserati, anche il campione del mondo Master Amatori, il cuneese Dario Zampieri. Comincia una esaltante epopea.

 

Una delle prime formazioni del G.S. Ceci

 

Una delle prime premiazioni del giovanissimo Vincenzo Ceci

 

Una delle prime squadre agonistiche del G.S. Ceci

 

Alfonso Ceci con le due cicliste della squadra femminile

 

DALLA STRADA ALLA PISTA OLIMPICA

Un vecchio pistard degli anni Quaranta, Innocenzo Di Lorenzo, abruzzese di Villa Lempa, vede in Vincenzo Ceci tutte le doti del velocista puro e lo spinge verso la pista.

 

Il tecnico Di Lorenzo con i suoi allievi

 

Alfonso Ceci con i suoi ragazzi dopo una premiazione

 

Scelta difficile perchè il giovane Ceci va forte pure su strada. C’è anche Antonio Maspes, il direttore tecnico azzurro sette volte campione del mondo, a credere nelle sue grandi potenzialità e ad incoraggiarlo nella scelta definitiva. Ma le piste più vicine per potersi allenare sono a Lanciano, oppure a Forlì. Vincenzo e tutta la squadra velocità della “Ceci”, iniziano così a sobbarcarsi le lunghissime trasferte.

Vincenzo Ceci, già azzurro, con i compagni di squadra

Grandi sacrifici che danno presto frutti. Appena ventenne Vincenzo Ceci si laurea campione italiano Elite nel tandem nel 1983, e bissa l’anno successivo anche con la velocità, guadagnandosi così la qualificazione per le Olimpiadi di Los Angeles ‘84.

 

Vincenzo Ceci campione d’ Italia 1984

 

In finale chiude al nono posto, ma tutta Ascoli e Poggio di Bretta tifano per lui e lo festeggiano al suo ritorno come una medaglia d’oro. Passato professionista, parteciperà poi a tanti trofei internazionali soprattutto in Giappone, dove nel 1990, rimarrà coinvolto in una misteriosa e controversa storia di doping che decreterà la fine della sua fulgida carriera. Senza per questo riuscire a macchiarne la storia. O fiaccarne la passione. Nè la sua, nè della sua famiglia.

 

NASCE IL VELODROMO DI MONTICELLI

 

Il 1983 è un anno d’oro per il ciclismo su pista ascolano. Vincenzo Ceci è il campione di casa che fa da traino a tutto il movimento delle nostre latitudini. Il front man di una squadra fatta in casa che ha saputo imporsi a livello nazionale. A Monticelli, sull’onda dell’entusiasmo per i tanti successi del Gruppo Sportivo Ceci, viene inaugurato il velodromo comunale.

 

Vincenzo Ceci campione italiano nel keirin 1989

 

Una conquista storica per la famiglia sportiva Ceci, un riconoscimento alla loro storia, un premio per i loro sacrifici passati, un incentivo per i loro talenti futuri. Un impianto dedicato in una campagna che sta cedendo, insorabilmente, tutto il suo verde al devastante e indiscriminato tsunami di cemento.

 

Gli striscioni dei sostenitori durante una gara al velodromo di Monticelli

 

La pista di pattinaggio interna all’anello di asfalto, inizialmente concepita dal progetto, cederà subito il posto ad un campo di calcio. Una variante che si rivelerà letale per la pista ciclistica, e che finirà per decretarne la demolizione anticipata trentotto anni dopo. “Per circa un ventennio – racconta Claudio Ceci – la convivenza è stata pacifica e proficua per tutte le tante società che lo utilizzavano, grazie al buon lavoro svolto dal comitato di gestione dell’impianto. I problemi sono iniziati con la crescita del Monticelli Calcio, e i conseguenti, anche comprensibili, aumenti degli utilizzi a fini calcistici. Perchè non è concepibile infatti girare in bicicletta sulla pista a tutta velocità, mentre ti arrivano le pallonate addosso…”.

 

Foto ricordo in Piazza Arringo con la Nazionale Militare nel 1977

 

La squadra Ceci 1985 al gran completo

 

Alfonso Ceci premiato dal presidente del Coni Aldo Sabatucci

 

Da centro federale di avviamento alla pista, il velodromo di Monticelli, quasi subito intitolato alla memoria di Don Mauro Bartolini, diventerà presto centro di specializzazione alla pista. L’unico nel centro-sud Italia. Ma non servirà neppure questa sua unicità a salvarlo.

 

STRAPOTERE CECI DREAMBIKE

 

Luca, il figlio di Vincenzo, nasce nel 1988. Francesco e Davide, i figli di Claudio, nel 1989 e nel 1993. Nei loro geni c’è la garanzia della continuità naturalmente trasmessa, di una passione antica che scorre nelle loro vene fin dal concepimento.

 

Foto ricordo in centro dopo Italia-Francia nel 1985

 

Alfonso e Claudio con il team Ceci Dreambike nel 2005

 

Francesco esordisce a undici anni con la maglia del Pedale Rossoblù, poi passa al Corridonia e quindi al club di famiglia. La lunghissima egemonia su pista del team Ceci Dreambike di Ascoli inizia nel 2008 con il titolo Juniores conquistato dal sambenedettese Rino Gasparrini. Due anni dopo sarà secondo sul podio quasi tutto azzurro degli europei di San Pietroburgo con Francesco Ceci terzo. Ai campionati italiani, più volte, i podi sono tutti ascolani con i due fratelli e il cugino a scambiarsi solo i gradini. La società lascia le corse su strada, dove pure ha lanciato talenti puri come il piceno, futuro professionista, Fabio Roscioli, e si vota esclusivamente alla pista con la nascita del Piceno Cycling Team Ceci.

 

Alfonso Ceci con un giovanissimo Fabio Roscioli

 

Fin già dal 2005 Alfonso, Claudio e Vincenzo Ceci stanno lavorando, e investendo cospicuamente di tasca propria, per creare una struttura agonistica di livello anche nel centro-meridione d’Italia, fino ad allora inesistente. “E’ stata una scommessa che abbiamo vinto – commenta Claudio – perchè per quindici anni abbiamo dominato nella velocità su pista. Abbiamo costituito il 100% del settore, un pò bistrattato dai poteri nordisti, che hanno privilegiato sempre i corridori Endurance”. Nel 2011, nello stesso giorno, in tre portano a casa otto titoli, nelle diverse specialità (velocità, keirin, chilometro da fermo e velocità a squadre) e categorie. Davide quattro su quattro fra gli Juniores, Francesco tre su quattro fra gli Elite, e Luca uno fra gli Esordienti.

 

Claudio Ceci fra i suoi due figli campioni d’Italia nello stesso giorno nel 2011

 

Le tante foto di quelle vittorie Claudio Ceci le tiene appese nel suo ufficio. Giorni di vittorie esaltanti, sorrisi inebriati e occhi lucidi di gioia, per quelle maglie tricolori indosso. Ma tutte le pareti non sono bastate a contenerle tutte. Molti dei suoi tesserati entrano nel giro della Nazionale, ma il settore velocità continua a non essere adeguatamente strutturato  e finanziato per garantire gli allenamenti e la crescita degli atleti al di fuori degli appuntamenti internazionali. Vincenzo Ceci, che ne ha assunto nel 2009 la guida tecnica, viene esonerato dopo meno di due anni a causa dei ripetuti e vivaci scontri con la dirigenza sulle disparità di trattamento che penalizzano fortemente i suoi velocisti. Se ne va sbattendo la porta. Guastando, per questo, anche i rapporti con il fratello, che lo ha sempre esortato, invece, ad usare, nel suo ruolo, maggiore diplomazia.

 

Francesco Ceci con lo zio Vincenzo alla partenza di una gara

 

In compenso, nel 2014, finalmente, dietro continue sollecitazioni in federazione del padre, Francesco Ceci entra nel Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre della Polizia Penitenziaria. Per un atleta significa poter contare su un sostegno economico sicuro, e, soprattutto, la possibilità di potersi allenare a tempo pieno. Non è poco.

 

LA MALEDIZIONE OLIMPICA

 

Prove di selezione olimpica per Rio de Janeiro 2016. I tempi di qualificazione restano aperti per due anni, ma è la geopolitica a contare più dei valori assoluti che vorrebbero dentro l’Italia con gli ultimi tempi utili. Ottavi gli azzurri su otto posti a disposizione per l’area Europa. Ma le manovre nei palazzi dello sport mondiale premiano all’ultimo momento i giapponesi, aggiungendo un posto per l’area asiatica a scapito del vecchio continente, a cui vengono destinati sette posti invece di otto.

 

Francesco Ceci con la sua bici da gara

 

Una beffa che arriva a poche settimane dall’inizio dei giochi. Francesco Ceci, quattordicesimo nel ranking mondiale, finisce così, con l’Italia, prima riserva. Quindi resta a casa, a guardarsele in tv le Olimpiadi. Quattro anni di sacrifici buttati. Ma lui non molla. Abbandona l’attività agonistica, nel 2018, invece, il fratello, Davide, principalmente per le prospettive, pari a zero, di crescita della Nazionale, ma diventa il primo sostegno per il fratello, che resta ai vertici, al top, aspettando Tokyo 2020. Anno nefasto. Anno di covid nel mondo intero.

 

Francesco Ceci sul gradino più alto del podio

 

I giochi slittano di un anno, ma Francesco è già fuori gioco a causa di un serio infortunio patito in gara, in Francia, durante la prima delle tre prove di qualificazione in coppa del mondo. Cade e si frattura nuovamente la clavicola. Una maledizione. Alle sue spalle però non c’è, e non c’è mai stata, una squadra, una struttura organizzata che possa schierare ricambi validi al posto suo. Francesco è stato sempre solo, o quasi, contro tutti. La squadra Ceci di Ascoli che ha sempre avuto sulle proprie spalle gli oneri, oltre agli onori, delle sorti azzurre, ha perso nel frattempo qualche pezzo importante. Gli addii alle gare di Luca e Davide e, soprattutto, il burrascoso defenestramento di Vincenzo Ceci dalla guida tecnica della nazionale di velocità, hanno fatto il vuoto intorno al campione. Che continua ad inanellare con regolarità allori nazionali. Ma non basta più.

 

FUORI GIOCO

 

Febbraio 2021. Il Gruppo sportivo Fiamme Azzurre e la Federazione ciclistica, di comune accordo, mettono fuori gioco Francesco Ceci senza troppi riguardi. “Sulla base – si motiva – di tempi, prestazioni ed età”. Da un giorno all’altro del campione italiano in carica, imbattuto nelle tre specialità, e ai vertici della discipline veloci da tre lustri, nessuno sente più il bisogno. La velocità su pista azzurra che si dà, finalmente, una organizzazione, riparte da zero, ma il suo elemento più forte e rappresentativo, che avrebbe potuto benissimo rappresentare, almeno, un punto di riferimento per le nuove leve, non fa parte del progetto. C’è modo e modo di dare il benservito a un leader indiscusso. Una stringata e-mail, e sette giorni di preavviso, non sembrano quello migliore. Suonano come una umiliazione. Foss’anche, ma non è questo certo il caso, per una vecchia gloria. Perchè Francesco Ceci resta il numero uno della velocità a livello, almeno, nazionale. Lo conferma continuando a gareggiare con la squadra di famiglia, la Piceno Cycling Team Ceci, e chiude l’anno inanellando quattro podi in gare internazionali U.c.i., con il record nazionale dei 200 mt. realizzato a maggio al Gran Premio di Mosca, e conquistando, a settembre, il 33° titolo italiano della sua carriera. Tutto inutile. La Federazione ciclistica non riconsidera la sua scelta, e il suo gruppo sportivo militare ne conferma la dismissione destinandolo all’impiego amministrativo presso il supercarcere di Ascoli.

 

ASPETTANDO IL NUOVO VELODROMO

 

Il 2021 fa registrare anche un’altro dispiacere. A giugno le ruspe del Comune, dopo anni di tira e molla, iniziano a demolire il circuito del velodromo di Monticelli. Un destino già scritto fin dal 2016. La società sportiva più titolata della città, e fra le più prestigiose e attive dell’Italia intera, si vede privare del suo primo, vitale, strumento di lavoro. Resta senza casa nonostante le proteste e le battaglie, condotte in ogni sede, per anni, da Alfonso e Claudio Ceci. In cambio sono riusciti ad ottenere soltanto una promessa. Solenne però, come tutte quelle dei politici nostrani. La costruzione, a breve, di un nuovo centro interamente dedicato al ciclismo in zona Campolungo.

 

Il progetto del nuovo velodromo di Campolungo

 

Il progetto di una cittadella-gioiello del pedale, destinata ai bikers di ogni disciplina, è faraonico. Ma è rimasto, almeno fino a oggi, sulla carta. Appena un mese prima che le ruspe entrassero in azione il velodromo “Bartolini” di Monticelli ospita, dopo diversi meeting europei e tre campionati italiani, la quinta e ultima edizione dell’International Piceno Sprint Cup, gara internazionale di velocità in pista per Classi 1 e 2, nata nel 2017. “Anche se sul nostro impianto non si è mai voluto fare investimenti  – continua Claudio Ceci – con i risultati e con le nostre iniziative abbiamo sempre dimostrato di meritarli. Fin dal 1990, con la legge Carraro, si parlò di un innalzamento delle curve e del loro  rifacimento in cemento. Ottocento milioni di lire dell’epoca per farne una pista olimpica. Ma poi i fondi, già stanziati, come capiterà anche altre volte, hanno preso, all’ultimo momento, vie diverse”. E’ una pista di categoria C, in asfalto e curve basse, ad ospitare i migliori pistards del mondo, nel 2019, in una prova valida come qualificazione olimpica per Tokyo 2020, provenienti da ventisette Paesi di cinque continenti. Per l’occasione arriva anche Jason Kenny, il pistard britannico più vincente di tutti i tempi.

 

L’ultimo podio della “International Piceno Sprint Cup” al velodromo di Monticelli

 

Jason Kenny (6 ori olimpici) con Claudio Ceci

 

La manifestazione, che a questi livelli, l’Italia intera può contarne solo un paio, si disputa anche nei due anni del Covid successivi con difficoltà triplicate dalla pandemia. “Sembrava impossibile – racconta sempre Claudio – ma per noi Ceci la parola impossibile non è mai esistita. Ci vogliono solo volontà, passione e soldi. E ce ne vogliono tanti per permettere ai nostri ragazzi di esprimersi ai più alti livelli. Solo una bicicletta da competizione internazionale costa dodicimila euro. Fatevi i conti di cosa può costare mantenere le attività agonistische di una squadra intera. Con tutto quello che abbiamo investito in trent’anni nello sport, avrei potuto comprarci una schiera di villini. Ma non rimpiango nulla”.

 

IL RITORNO

 

Francesco Ceci si ferma, deluso, per quindici mesi. Fino a quando, nel dicembre scorso, non squilla, un bel giorno, il suo telefonino. Lo contattano i tecnici della nazionale paralimpica di ciclismo Pierpaolo Addesi con il responsabile del settore pista Silvano Perusini. C’è un tandem da guidare in coppia con un paratleta ipovedente. Obiettivo le Olimpiadi di Parigi del 2024. Lui fa presente che è fermo da un anno. Gli rispondono che non è un problema, perchè lo conoscono bene. A gennaio è già in ritiro a Montichiari, nel bresciano, con i compagni di squadra diversamente abili. Il suo compagno ipovedente di tandem si chiama Stefano Meroni. E’ di Como. Ancora profondo nord, dove si concentra il grosso del movimento paralimpico. “Io devo abituarmi a lui, e lui a me – spiega Francesco – anche se le nostre misure si adattano allo stesso telaio, dobbiamo armonizzare la pedalata, lo spostamento del peso, i movimenti. Abbiamo bisogno di girare tanto in pista insieme per abituarci a muoverci all’unisono. E possiamo farlo, purtroppo, solo durante i pochi ritiri”. Il gesto tecnico che non può prescindere dal feeling. Dall’intesa che deve nascere sul piano umano prima che atletico, dalla reciproca fiducia, indispensabile fra la guida e il paratleta. Si riparte dunque. Solo quello conta. Francesco ricomincia ad allenarsi con regolarità, nella sua città. La bicicletta torna ad essere il  primo e più grande amore della sua vita. Dopo la giornata di lavoro nel suo ufficio del supercarcere di Marino del Tronto, fra le scartoffie indegne di un campione vero come lui, e in tutto il suo tempo libero. Le giornate invernali sono troppo corte per la sua voglia infinita di confermarsi al vertice. Si attrezza una palestra in un locale dell’azienda di famiglia, dove appronta anche una coppia di rulli per poter tornare a pedalare con continuità. Il fratello Davide lo segue come un’ombra. Partecipa ai collegiali di Montichiari tutte le volte che può. Come sempre non si risparmia. Settimana dopo settimana sente di stare bene. Vuole mettersi subito alla prova. I campionati italiani capitano a fagiolo. Per tornare in pista con la sua bicicletta, l’inseparabile fratello Davide a fianco, l’affetto e la carica con cui lo segue, da sempre, tutta la sua famiglia, si prende qualche giorno di ferie dal lavoro. Destinazione Dalmine, e poi Fiorenzuola.  Solo sei mesi di preparazione nelle gambe, con gli unici sostegni di Davide e della sua straordinaria tenacia. Nel profondo nord ciclistico, che ha sempre sofferto lo strapotere dei Ceci ascolani. Nella bergamasca, il 14 giugno, Francesco finisce secondo, nonostante il miglior tempo fatto registrare sui duecento metri, dietro solo alla giovane promessa altoatesina della velocità Mattia Predomo, già campione europeo e mondiale Junior. Quindici anni di differenza di età, che fanno quasi una generazione, fra i due, ma il meglio per Francesco deve ancora arrivare. Quindici giorni dopo, nel piacentino, arriva il trentaquattresimo titolo tricolore della sua carriera nel chilometro da fermo, sbaragliando una concorrenza qualificatissima.

 

Francesco Ceci campione d’Italia 2023

 

Un piccolo miracolo per uno sprinter di trentaquattro anni dato per finito a trentadue, con pochi mesi di allenamento nelle gambe dopo oltre un anno di completa inattività. Solo lui poteva essere capace di una impresa del genere. Temprato da sacrifici e rinunce, che non gli hanno mai pesato, e dalle troppe delusioni che non sono riuscite a fiaccarne la titanica determinazione. Forte della sua storia, e preceduto dalla sua fama.

 

OBIETTIVO PARIGI 2024

 

Francesco Ceci torna così ad accarezzare, per la terza volta, il sogno olimpico. Un obiettivo che non può rimanere, ancora una volta, precluso, stregato. Una speranza, almeno, che si riaccende quando tutto sembrava ormai perso, cancellato, vano. Certo, il cammino è ancora lungo, il traguardo ancora lontano. Ma alla portata. La corsa di quel tandem può portarli, lui e Stefano Meroni, fino alle prossime Olimpiadi di Parigi 2024. E poi chissà. “Ringrazio chi mi ha offerto questa nuova opportunità – dice sempre Francesco – la mia famiglia, con mio fratello Davide per primo, per il sostegno che mi hanno sempre dato. L’Amministrazione della Polizia Penitenziaria di Marino del Tronto per il supporto offerto in questa nuova fase della mia carriera. Ho voluto caparbiamente continuare l’attività agonistica convinto di poter dimostrare di essere ancora il migliore in campo nazionale e internazionale e, soprattutto, di poter dare il mio contributo ai giovani che stanno emergendo. Ringrazio gli sponsor del nostro team, e i tanti sportivi, ascolani e non, che mi hanno sempre dimostrato grande affetto. Sono contento di aver contribuito a dare lustro e orgoglio sportivo alla nostra bellissima città”. Ascoli e i Ceci. Amore senza fine. Loro, famiglia di affezionati quintanari, la esibiscono come un vanto in ogni manifestazione che organizzano. Affetto e orgoglio che andrebbero meglio ricambiati. Al funerale di Alfonso Ceci, lu polacch’, scomparso nel marzo del 2019, l’omaggio del gonfalone della Quintana e delle guardie nere del Comune allo storico custode dei Palii. Lo avevano già nominato Cavaliere della Repubblica, e insignito della stella di bronzo del C.O.N.I. al merito sportivo. Il nuovo velodromo di Campolungo, se e quando riusciranno a tirarlo su, gli sarà intitolato. E’ il minimo, per tutto quello che ha fatto nella sua vita per il ciclismo ascolano. E’ stata la passione, soleva ripetere, il motore di tutto.

 

Alfonso Ceci con i suoi ragazzi dopo una corsa

 

SE VI SIETE PERSI “LE STORIE DI WALTER LUZI”…..

 

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