“Come elettrice del Pd, dopo una militanza attiva nel partito, scrivo per esprimere tutto il mio sconcerto, amarezza e indignazione in seguito agli ultimi avvenimenti che hanno riguardato la Federazione picena del Partito Democratico.
Mi riferisco al caso emblematico di Castel di Lama che non intendo ripercorrere in tutte le sue vicissitudini, avvitamenti e tormenti, ma che rappresenta a pieno lo stato confusionale di totale assenza di direzione politica. Un Pd dove la mano destra non sa cosa fa la sinistra, un Pd che riesce ad essere partito di maggioranza ed opposizione nello stesso tempo e nello stesso luogo.
E’ un nuovo laboratorio politico? No, è semplicemente un partito allo sbando, dove ciascuno se la suona e se la canta come vuole, come la presidente della commissione di garanzia che interviene a mezzo stampa, con una singolare nota, in cui giustifica il perché e il percome della decisione della commissione nei confronti del segretario Falcioni e della compagna Vagnoni, “esclusi e non più registrabili per l’anno in corso e per quello successivo nell’anagrafe degli iscritti”.
Ora alcune riflessioni:
La Commissione di Garanzia svolge funzione di garanzia, per l’appunto, relativamente alla corretta applicazione dello statuto e del codice etico, nonché ai rapporti interni al partito democratico.
I componenti della commissione di garanzia sono scelti tra gli iscritti e gli elettori del partito democratico e debbono possedere i requisiti di competenza e di assoluta indipendenza. Pertanto il giudizio dell’organo di garanzia va sempre rispettato, io faccio così, semmai può essere appellato dagli interessati. Ma quando l’organo che statutariamente di garanzia entra, per voce della presidente, nella mischia politica e si fa parte in causa, compie un’aberrazione deontologica e statutaria. A voler fare un paragone è come se un giudice, dopo aver letto una sentenza e deposto le motivazioni, prendesse carta e penna per giustificare, alla luce di una personale posizione politica, i motivi che hanno portato alla condanna.
Nulla da dire sulla competenza della presidente della commissione di garanzia, ma sulla “riconosciuta indipendenza”? Con la sua nota pubblica entra di fatto nel campo politico, anche con toni a volte eccessivamente confidenziali.
Incredibile è infatti la dichiarazione della presidente della commissione di “un’autentica simpatia personale” per la compagna Vagnoni, oggetto della sanzione.
Incredibile il raffronto con i fatti di San Benedetto, altra storia, altri accadimenti imparagonabili.
Ma ancora più incredibili sono le facoltà divinatorie e pedagogiche che la presidente esprime quando, tra le motivazioni della sentenza, dice che non si poteva “creare un precedente che avrebbe potuto compromettere anche il voto delle amministrative del prossimo anno”.
“Unum castigatis, centum emendabis”, punire un errore per correggerne cento. Ma questa è valutazione politica o no?
La presidente decide in base a riferimenti normativi dello statuto o esce dal suo ruolo e si fa parte politica?
Ma ben oltre il ruolo atipico (?) della commissione non va sottaciuto il silenzio degli altri organi.
Dov’è il segretario provinciale, è troppo impegnato a svolgere il cumulo delle funzioni e ruoli di partito che ha concentrato tutti nella sua persona? Dov’è il comitato direttivo, niente da dire?
Perchè in un partito che si fa vanto del rispetto delle regole, nessuno si indigna dello stravolgimento delle stesse?
Il Pd è un grande partito, questa classe dirigente dovrebbe riflettere”.
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