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L’Albero del Piccioni: natura e storia di un monumento vegetale

ASCOLI - Visitare parchi e giardini dove si incontrano alberi secolari è sempre emozionante ma incontrare un patriarca vegetale inserito in un ambiente “quotidiano” è un’altra cosa… Se poi l’albero “appare” all’improvviso, maestoso, a lato di una strada trafficata, sussurrandoci «leggende cantate dal vento di primavera che ne scompiglia le foglie (B. Nardi, 1981)» è un’altra, ancora diversa suggestione: è questo il caso dell’Albero del Piccioni
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La persona davanti al tronco dà idea delle dimensioni dell’albero (foto G. Zucchetti)

 

di Gabriele Vecchioni

 

Percorrendo la via Salaria da Ascoli in direzione Roma, dopo circa quattro chilometri, poco dopo il bivio per Rosara, si incontra, a destra della sede stradale, un patriarca vegetale: è l’Albero del Piccioni, una pianta inserita nella lista ufficiale degli alberi monumentali italiani per il suo alto valore paesaggistico e storico-culturale.

 

Prima di trattare di questo monumento vegetale, ben conosciuto dai locali e collegato a diverse storie (che tratteremo nel corso dell’articolo), una breve spiegazione su cosa si intende per albero monumentale. La pianta deve avere determinati requisiti, legati ad alcune caratteristiche salienti: tra le diverse peculiarità, il vegetale deve avere dimensioni ragguardevoli, rispetto a individui della stessa specie presenti nel comprensorio, e avere una accertata longevità. Un’altra particolarità da considerare è quella del requisito storico, la pianta considerata monumentale deve essere legata a un evento storico rilevante. L’inserimento nella lista delle piante monumentali considera anche un eventuale rarità della pianta, il valore paesaggistico e quello storico-architettonico (per esempio, piante inserite in giardini storici o con particolare evidenza architettonica).

 

Il platano in una vecchia stampa: all’epoca il tronco era sfiorato dalla sede stradale, senza alcuna area di rispetto (foto FAI)

 

LE CARATTERISTICHE

 

Gli alberi monumentali sono tutelati dalla legge; in particolare la L. 10 del 14-1-2013 sancisce l’obbligo per ogni comune di censire i propri alberi monumentali; la competenza della protezione è della Regione, con apposite leggi. Secondo lavori dell’ex-Corpo forestale dello Stato (confluito nel 2016 nell’Arma dei Carabinieri), in Italia sono presenti circa 22.000 alberi monumentali, di diverse specie. Nel caso dell’Albero del Piccioni, le caratteristiche corrispondono a quelle richieste per dichiararne la monumentalità: l’età “avanzata”, le dimensioni notevoli («L’albero più maestoso della Regione, cioè con il maggior diametro a petto d’uomo [circa 1,30 m dal suolo, NdA], pari a ben 2,70 metri, G. Guidi, 2012») e il rilevante valore storico-culturale.

 

Il vegetale è un platano orientale (Platanus orientalis L.), con un’età superiore ai 500 anni; il tronco, cavo e con tre “aperture”, è alto poco meno di 25 m e ha una circonferenza di 8,70 m (per un diametro di circa 3 m), ma alla base misura più di 10 m! Il diametro medio della proiezione a terra della sua chioma è di 23 m. Si trova ai margini della ex-consolare Salaria e, fino al 1867, era il segnale di confine tra il comune di Ascoli Piceno e quello di Mozzano (poi soppresso), attuale frazione del capoluogo piceno.

 

Giornate d’autunno, manifestazione FAI del 2020 (foto FAI)

 

STORIA E LEGGENDA

 

Il primo documento dove l’albero viene menzionato è del 1718: veniva citato nella descrizione della selciatura nel corso di lavori di manutenzione del tratto della via Salaria fino all’ «albero del Signor Piccione Parisani». Altri documenti del sec. XVIII (1731 e 1749) lo ricordano.

La famiglia nobile ascolana Parisani ebbe due membri col nome o soprannome di Piccione. Il primo era Vespasiano, che morì nel 1561; il secondo, Raimondo, morì nel 1655.

In realtà esiste un altro documento più antico (1109) in cui Ranieri del fu Ferrone vendeva alla sorella Benedetta alcuni appezzamenti «super infra civitate asculana in locum qui dicitur ipsum platanum». Sarebbe stato un ”terzo” Piccione Parisani che, di ritorno da un pellegrinaggio (o, addirittura, dalla Prima Crociata) in Terra Santa, avrebbe riportato “per ricordo” una piantina del platano, collocandola sul suo terreno: sarebbe questo l’Albero di Piccione (dando credito a tale storia, il platano avrebbe circa novecento anni! L’evento che lega l’albero al Parisani fu però smentito dal Fabiani, nel suo “Ascoli nel Cinquecento”).

Il tronco cavo del patriarca vegetale (foto G. Zucchetti)

Una tenace tradizione popolare lega il nome dell’albero a un altro personaggio, Giovanni Piccioni (lu br’gande P’ccio’), mitico partigiano papalino dell’Ottocento piceno.

Abbiamo avuto modo di trattare del Piccioni in un precedente articolo (leggilo qui) e in questa sede, dopo alcune brevi note biografiche, vedremo solo l’episodio che avrebbe generato la credenza popolare di una sua presenza nella località del platano.

Giovanni Piccioni, nato a San Gregorio di Acquasanta Terme (una lapide sul fronte della sua casa natale lo ricorda) ma vissuto a Rocca di Montecalvo, profondamente religioso, aveva già partecipato ad azioni di guerriglia brigantesca (dal 1815 al 1849). Dopo l’Unità d’Italia si mise al comando (autonominandosi “Maggiore”) degli Ausiliari Pontifici, «truppe volontarie di montagna a difesa del Papato» e impegnò a lungo – per circa due anni – i Piemontesi del generale Pinelli. Piccioni fu catturato nel 1863 («a guerra finita») a San Benedetto del Tronto, condannato e recluso al Forte Malatesta di Ascoli Piceno, dove morì qualche anno dopo.

Come abbiamo visto in precedenza, nell’Ascolano il platano della Salaria è stato sempre associato alla figura del brigante Piccioni. Viene spesso citato l’aneddoto del brigante che, nascosto nella cavità del mastodontico albero, attendeva il passaggio della diligenza per assaltarla e depredare i viaggiatori: quasi una scena da film western. È stato Timoteo Galanti, medico e storico del brigantaggio ascolano, che ha chiarito l’assunto, nel suo volume (1990) relativo al brigantaggio politico nella Marca pontificia ascolana dal 1798 al 1865 (in precedenza, nel 1907, ne aveva scritto Antonio Emiliani), L’autore scrive che «È giunto il momento di sfatare, una volta per tutte, queste fantasticherie e chiarire il perché di tale nome.

 

L’interno del tronco, percorso da un fulmine (foto da “I luoghi del silenzio”)

Il Piccioni, infatti, non è mai stato un volgare ladrone di strada e non ha mai attaccato, durante la sua lunga attività di “brigante”, diligenze o inermi passeggeri; tutte le imputazioni, a lui rivolte durante il processo, furono esclusivamente di attentato alla sicurezza dello Stato per la rivolta antiunitaria dallo stesso capeggiata, ma non gli sono mai formulate accuse di ladroneggio a dei viaggiatori». Il Galanti passa poi a spiegare come sarebbe nata la leggenda dell’Albero del Piccioni: L’unica attinenza del “brigante” con l’albero è un combattimento, avvenuto nel 1849 nella zona, tra gli uomini del Piccioni e alcuni soldati repubblicani, comandati dal capitano Colucci. Durante il combattimento, il cavallo del capo “brigante”, colpito alla gola da un colpo di sciabola, cominciò a vomitare sangue. Un soldato repubblicano, preso dal panico, iniziò a gridare “Il cavallo del Piccioni getta fiamme dalla bocca!”. Questo grido, propagatosi rapidamente, atterrì gli altri militi che, gettate le armi a terra, si dettero alla fuga».

 

Il maestoso platano a lato della Via Salaria (foto G. Zucchetti)

 

ASPETTI NATURALISTICI

 

L’albero è catalogato come Platanus orientalis; per Valido Capodarca, autore dello splendido volume Alberi monumentali delle Marche (2008), potrebbe essere un antico ibrido sterile. Il platano comune è diffuso nelle alberature stradali cittadine (ad Ascoli ce ne sono lungo Viale Treviri, a Porta Romana, al Lungo Castellano Sisto V, ecc.), per la rusticità, la crescita relativamente rapida e la resistenza all’inquinamento automobilistico, grazie anche al fatto che l’albero si spoglia della corteccia, non trattenendo così, polveri e sostanze nocive.

È un albero originario del bacino mediterraneo orientale (ecco il nome!), ormai spontaneo in Sicilia e in Calabria. Dall’ibridazione spontanea tra il P. orientalis e quello occidentalis (il sicomòro americano, introdotto a metà Seicento) si sarebbe originato il Platanus acerifolia, il comune platano che vediamo ai bordi delle strade cittadine.

Platanus orientalis

Giuseppe Barbera, nel suo bellissimo volume Abbracciare gli alberi (2017) ne racconta la storia e ci informa che il nome deriva dalla forma delle foglie espanse, a lamina palmata («simili al palmo di una mano»).

«Il margine d’incertezza sulla classificazione della specie, ovvero se trattasi effettivamente di Platanus orientalis o piuttosto acerifolia si potrebbe risolvere solo con una specifica ed auspicabile indagine genetica. All’attualità, l’esame di alcune sue caratteristiche e la sua età hanno portato a classificarlo come orientalis (G. Guidi, 2012)».

Il platano è un albero spogliante, con l’inconfondibile foglia a lamina palmato-lobata, che arriva a circa 500 anni, quindi è possibile incontrare esemplari vetusti (già Plinio, nel sec. I DC, aveva scritto che il tronco cavo di uno di questi esemplari aveva ospitato ben 18 persone!); questa caratteristica fisiologica fa giustizia anche della prima ipotesi sull’origine molto antica del nostro maestoso albero della Salaria, anche se un’età più vetusta non è inverosimile (per il platano orientale di Curinga, in Calabria, si ipotizza un’età millenaria).

 

CONCLUSIONI

 

L’Albero del Piccioni si erge possente a lato della via Salaria; sia esso legato ai terreni di Piccione Parisani o all’episodio di Giovanni Piccioni, colpisce l’osservatore per la sua imponenza. Qualche tempo fa, il Fondo per l’Ambiente Italiano (FAI) lo inserì nella lista de “I luoghi del Cuore”; data la sua maestosità, questo testimone del tempo meriterebbe ben altra attenzione: spesso la piccola area che lo circonda non è “curata” come dovrebbe. La civiltà di un territorio non si misura solo con il raggiungimento di target economici ma anche col rispetto del patrimonio comune e del paesaggio.

 

L’areale del Platanus orientalis chiarisce origine e diffusione della specie

 

Il platano “assediato” dalle robinie (foto G. Zucchetti)

 

Il degrado intorno all’Albero del Piccioni (foto G. Zucchetti)

 

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Da monumento a luogo abbandonato La triste fine dell’albero del Piccioni Foto

 

 

SE VI SIETE PERSI QUALCHE REPORTAGE DI GABRIELE VECCHIONI…..

 

 

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