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Indennità Covid, delusione per la ripartizione dei fondi: «Non è stata equa, a noi infermieri solo 70 euro per i tre mesi peggiori della pandemia»

ASCOLI - La decisione di sbloccare il pagamento delle premialità in Ast Ascoli ha lasciato parte della categoria con l'amaro in bocca. In una lettera, un infermiere nel "Mazzoni" spiega cosa è accaduto e perché si è creata la condizione che parte del personale sanitario dell'ospedale di Ascoli abbia percepito la stessa somma degli amministrativi. Amarezza anche nei confronti dei sindacalisti
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di Maria Nerina Galiè

 

La tanto attesa indennità Covid di marzo, aprile e maggio 2020 – arrivate nella busta paga di settembre dei dipendenti di Ast Ascoli – a qualcuno ha lasciato l’amaro in bocca: «Pochi soldi per quello che viene definito un giusto riconoscimento per il lavoro svolto in quei mesi drammatici. E distribuiti in maniera non equa. Alcuni infermieri hanno percepito la stessa somma degli amministrativi».

 

A dirlo è proprio un infermiere dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli, dopo che la direzione generale ha sbloccato il pagamento dei premi deliberati dalla Regione nel 2020.

Da premettere che la Regione aveva stabilito tre fasce per ripartire i fondi, in accordo con i sindacati regionali: la prima per i reparti Covid, quelli in prima linea come Pronto Soccorso e Rianimazione Covid; la seconda per gli ospedali Covid, nel caso del Piceno quindi il “Madonna del Soccorso” di San Benedetto; la terza per gli ospedali “No Covid”, quindi “Il Mazzoni” di Ascoli.

E qui spunta il nodo: è vero che il “Mazzoni” era cosiddetto “ospedale pulito”, ma aveva comunque un Pronto Soccorso con tanto di doppio percorso.

 

Tornando alla ripartizione dei fondi, la Regione lasciava comunque alle sedi locali di ripartire i soldi (300.000 euro per l’allora Area Vasta 5) come meglio ritenevano. Mancando l’accordo tra direzione e sindacati, i soldi sono rimasti nel cassetto fino alla decisione, della dg Nicoletta Natalini, di pagarli secondo le fasce regionali.

 

«È con una profonda delusione e amarezza – si legge nella lettera firmata dal professionista, del quale omettiamo il nome – che mi vedo costretto ad esprimere le insoddisfazioni riguardo alla premialità Covid che ho finalmente ricevuto a settembre di quest’anno, come promesso dalla Regione Marche.

Nel 2020, in piena crisi pandemica, abbiamo vissuto momenti estremamente difficili. Le mascherine scarseggiavano e ci siamo trovati nella situazione sconcertante di dover fare anche i bisogni fisiologici nei pannoloni.

In quel periodo, noi infermieri venivamo elogiati come eroi, veri angeli, e ancora oggi ricordo l’immagine diventata virale dell’infermiera esausta che si ritrovava a riposare su un tavolo della rianimazione nel turno di notte.

Ora, finalmente, ho ricevuto la premialità Covid, relativa alla prima ondata pandemica del 2020: soli 120 euro lordi, che, con le detrazioni, si sono ridotti a 70 euro.

Questa cifra è una delusione. Ho cercato di capire i criteri di assegnazione qui nell’ospedale di Ascoli.

Era previsto – continua l’infermiere – che la ripartizione venissero negoziati in azienda, dove i sindacati provinciali avrebbero dovuto rimodulare l’importo in base a criteri più equi.

L’aspetto che più mi lascia sgomento è che anche il personale amministrativo ha ricevuto la stessa cifra di indennità, come noi operatori sanitari.

Ricordo ancora oggi che gli amministrativi erano barricati nei loro uffici, con le porte chiuse a chiave. Noi infermieri, se dovevamo recarci in amministrazione per qualsiasi necessità, non potevamo entrare, per evitare ogni possibile forma di diffusione del virus.

Questo è sinceramente vergognoso e manca di rispetto nei confronti di chi, come noi, ha lavorato in prima linea, assistendo al dolore, alla sofferenza e morte dei pazienti, spesso impotenti di fronte alla mancanza di respiro e al rumore assordante dell’ossigeno ad alti flussi.

Questa situazione rappresenta un ulteriore schiaffo da parte dei sindacati del Piceno, i quali avrebbero dovuto tutelare gli interessi dei lavoratori, considerando che il personale amministrativo non avrebbe dovuto ricevere la stessa cifra che è stata assegnata a noi operatori sanitari».



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