di Pier Paolo Flammini
«Una Nuova Provincia Ascoli-San Benedetto»: con questa richiesta si è presentato alla stampa, e quindi alla cittadinanza, l’associazione culturale “Nuova provincia Ascoli-San Benedetto”, costituita ufficialmente lo scorso 6 ottobre con la nomina del presidente Alessandro Capograssi che ha il chiaro obiettivo, fin dal nome, di modificare non solo il nome ma quindi anche la gestione, intesa prima di tutto come distribuzione territoriale, dei servizi collegati alla Provincia. Che oggi è un ente zoppo, dopo la mezza riforma Del Rio, che ne ha mutilato alcune funzioni e annullato di fatto la scelta dei rappresentanti provinciali da parte dei cittadini.
Ma la Provincia resta, non solo col suo carico di comando politico, sempre ambito, e non si limita ai settori direttamente gestiti, come ad esempio i Rifiuti, quello stradale di riferimento e l’edilizia scolastica. Perché l’ente Provincia tiene a sé una serie di istituzioni parallele – e finanziamenti – di notevole interesse pubblico.
«Sono nato e cresciuto a Roma, vivo a San Benedetto dal 2018 ma la frequento dagli Anni Sessanta, quando trascorrevamo le vacanze nella casa al mare, adesso diventata di residenza. Tuttavia ho origini ascolane, il mio bisnonno, ad esempio, era Erasmo Mari» si presenta Alessandro Capograssi.
«Il nostro obiettivo è di informare i residenti dei benefici, sia per la costa che per l’entroterra, nel modificare il nome della provincia, cosa che hanno già fatto in diverse parti d’Italia, da Pesaro-Urbino a Massa-Carrara a Monza-Brianza – continua Capograssi – Dobbiamo consentire una crescita armonica e non frazionata e unire gli aspetti storico-culturali di Ascoli a quelli commerciali e turistici di San Benedetto, senza dimenticare le industrie della Vallata».
I benefici, secondo il presidente, sarebbero relativi a un’equa distribuzione dei servizi, dagli uffici della Provincia a quelli della Motorizzazione, al ritorno del Tribunale in Riviera e del Giudice di Pace, l’Erap: «La popolazione attuale ha una distribuzione diversa rispetto al passato, e bisogna tenerne conto. Ma ci sono vantaggi anche per Ascoli: il fatto che il commercio e il turismo abbiano meno impedimenti dà un ritorno automatico di ricchezza su tutto il territorio. Ci auguriamo che dopo una fase di sensibilizzazione anche le forze politiche prendano in considerazione questo tema, per poi avviare l’iter istituzionale».
«E’ arrivato il tempo di dare concretezza a questo tema – afferma il vicepresidente Elio Core – Non vogliamo togliere nulla a Ascoli, San Benedetto è penalizzata. Il campanilismo non c’entra nulla, parliamo di numeri importanti che in questo momento non trovano corrispondenza nei servizi. Dalla sanità Ancona-centrica al potenziale enorme del turismo. Sono convinto che le condizioni economiche e sociali obbligheranno, prima o poi, a questa soluzione». Core ricorda inoltre come il 23 ottobre 2020 il Consiglio Comunale di San Benedetto, all’unanimità, votò la mozione numero 2916 intitolata “Progetto Provincia Unica Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto“.
«In tema di sanità, parla il portavoce del comitato “Salviamo il Madonna del Soccorso” Nicola Baiocchi: «Ascoli aveva 56.217 abitanti nel 1971, scesi a 51.347 nel 2002 e a 45.386 allo scorso 31 luglio; San Benedetto nello stesso intervallo è passata dai 42.014 ai 47.024 attuali. Lo stesso dicasi per le aree della ex Asl: quella costiera ha superato gli abitanti dell’entroterra ascolano».
«Ricordo che il 30 luglio 2019 nella Sala Consigliare di Grottammare l’allora sindaco di Ascoli Guido Castelli disse che in provincia dovevano esserci due ospedali equo-ordinati. Questa parificazione deve riguardare anche le necessità della popolazione» conclude.
Il Consiglio direttivo dell’associazione è composto, oltre che dal presidente e dal suo vice, dal segretario Emilio Santarelli, dal tesoriere Giacomo Mattioli, e dagli associati Nicola Baiocchi, Leonardo Capograssi, Cristian Crucitti, Francesco Crucitti, Marco Di Marco, Davide Portelli, Marco Santarelli e Lyubov Volodymyrivna.
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