facebook rss

Quali prospettive per le aree interne? Riflessioni sul Festival culturale dei borghi rurali della Laga

LA LAGA è un gruppo montuoso “nascosto” tra i più famosi Gran Sasso, Sibillini e Terminillo; vero Eden di wilderness per gli appassionati, è stato (ri)scoperto dopo anni di dimenticanza. Da aprile a novembre si è svolto il Festival culturale dei borghi rurali della Laga, una kermesse di scoperta culturale per promuovere il territorio; la manifestazione ha avuto un indubbio successo, con una forte e partecipata presenza di pubblico, grazie alla competenza degli organizzatori e alla formula scelta, snella e “popolare”. Al termine della riuscita serie di eventi, qualche riflessione in merito
...

A Scapriano di Teramo

 

di Gabriele Vecchioni

 

Quello della Laga non è solo un paesaggio di borghi e di montagne, ma è un paesaggio culturale e come tale va visto e promosso. Proprio in questa prospettiva, da fine aprile a novembre ha avuto luogo un’interessante serie di manifestazioni vòlte a rivitalizzare il territorio, sia dal punto di vista sociale sia da quello culturale, con auspicabili ricadute sull’indotto economico dell’area: si tratta del Festival culturale dei borghi rurali della Laga, voluto dalla Federtrek Escursionismo e Ambiente, dalla Rete territoriale della Laga e da diversi comuni (Cortino, Crognaleto, Rocca Santa Maria, Teramo, Torricella Sicura e Valle Castellana).

 

A Villa San Giovanni di Teramo

 

Gli incontri in programma sono stati ben 37 (più le due manifestazioni dell’inaugurazione, al suggestivo Castello Della Monica di Teramo, e della chiusura del Festival, al Parco della Scienza della stessa città) All’iniziativa Cronache picene ha dedicato un articolo: una lunga intervista (leggila qui) a uno degli ideatori dell’evento, l’amico Roberto Gualandri che, con passione, da anni si batte per questa “sua” creatura. Il Festival si sviluppa in una serie di incontri a tema che si tengono soprattutto nei fine-settimana, da maggio a novembre, e coinvolgono la popolazione residente e non-residente con iniziative legate alla storia, al lavoro, alla socializzazione: alla vita, insomma. Per intenderci, si tratta di un turismo d’incontro, di tipo esperienziale che, oltre a generare indotto, produce cultura, cioè conoscenza e presa di coscienza della realtà oggettiva del territorio.

 

Visita al Piantone di Nardó nel territorio di Morrice di Valle Castellana

 

Lo svolgimento dell’interessante programma e l’obiettivo successo dell’iniziativa – ho ancora negli occhi la grande partecipazione all’evento al quale ho partecipato, quello di Santa Rufina – portano ad alcune riflessioni riguardo alla realtà delle aree interne.

 

Il Festival si svolge in località della Regione Abruzzo ma la cosiddetta “Laga” comprende anche aree che amministrativamente sono marchigiane: basti pensare a quelle dell’Acquasantano o dell’Arquatano; fanno parte della Laga anche borghi dell’area laziale. Per concludere questa digressione, si tratta di aree di confine che spesso gravitano verso le città vicine: un esempio per tutti, la frequenza delle scuole superiori ascolane da parte di alunni provenienti dalle aree limitrofe del Teramano.

 

A Pietralta di Valle Castellana. Affaccio su un mare di verde

 

Dopo questa breve premessa “geografica”, qualche considerazione relativa alle prospettive che si aprono per le zone in esame.

La situazione demografica dell’area della Laga non è rosea: è in atto un massiccio spopolamento e nei borghi rimangono residenti sempre più anziani; il ricambio generazionale è praticamente assente.

In un intervento recente (2021) l’economista Donato Iacobucci analizzava la situazione per il caso delle aree interne marchigiane; le sue considerazioni sono però valide anche per le consimili aree montane abruzzesi: «La popolazione […] è diminuita nelle zone interne e in particolare nei comuni montani di minore dimensione. Si tratta di un trend strutturale che per alcune aree della nostra regione è stato accentuato dagli eventi sismici del 2016».

 

Riano di Rocca Santa Maria

 

La popolazione residente delle aree montane si è contratta ed è ulteriormente invecchiata; l’età media della regione Marche è di circa 50 anni e nelle aree interne è ancora più alta. Parlare di sviluppo e di iniziative artigianali e industriali per trattenere in loco la componente più giovane è forse velleitario.  I problemi si sono accentuati con il sisma del 2016-17 che ha reso ancora più difficile la vita nelle aree interne e montane: per rimanere delusi (e con “i piedi per terra”) basta seguire le iniziative per la ricostruzione.

 

A Pastignano di Torricella Sicura

 

Si parla di nuovi modelli di sviluppo per queste aree, ideati da tecnici ed economisti professionisti dei settori di competenza e pensati per arrestare la decadenza economica e sociale; senza indagare sulle obiettive difficoltà attuative di tali progetti [la lentezza delle realizzazioni è sotto gli occhi di tutti], proviamo a focalizzare l’attenzione su alcuni punti fondamentali.

 

Roberto Volpi, in un recente articolo (su “La Lettura” del CdS del 1 ottobre 2023) ha scritto che «La retorica dei piccoli comuni che vivrebbero una nuova fioritura per l’abbandono della grande città da parte di tanti che cercano lidi più tranquilli e riposanti, specialmente ora che con l’accoppiata pc-internet si può lavorare anche da remoto, non è che retorica, appunto. La realtà è che il movimento che dall’alto scende in basso è assai più appetibile e consistente di quello contrario che dal basso sale in alto».

 

Il Gran Sasso da Cortino

 

Nel precedente articolo citato era già stata messa in evidenza la dicotomia tra l’approccio “romantico” che molti hanno dei borghi montani e la realtà oggettiva. Spesso càpita di sentire qualcuno che ricorda con nostalgia – a voce o sui social – un’epoca che non c’è più, l’elogio della lentezza, il desiderio di una vita meno legata ai ritmi frenetici d’oggi. «Si pensa a improbabili ricostruzioni, si sognano alberghi diffusi e strade inutili (è paradossale la proliferazione di piste – non strade! – in un periodo che vede un forte spopolamento dei borghi delle aree interne) ma la situazione attuale è quella di tetti crollati, muri smozzicati, chiese saccheggiate (una caratteristica di molte piccole chiese appenniniche è quella di avere un buco al posto dell’acquasantiera): è il risultato dell’abbandono».

 

Case di Fustagnano di Rocca Santa Maria

 

Come modificare la situazione, come realizzare i desideri? Una possibilità è proprio quella offerta dal Festival, un susseguirsi di iniziative con la strategia di (ri)scoprire il territorio e promuovere la straordinaria area della Laga. Non a caso, diverse Amministrazioni ed Enti (come il BIM Teramo) hanno aderito all’iniziativa, fornendo supporto logistico e non solo. È stato possibile, così, stilare un ricco calendario di eventi, grazie anche alla passione di chi “si è dato da fare”, rimboccandosi le maniche e fornendo le proprie competenze e il proprio tempo per la migliore riuscita degli eventi. È stato un vero piacere vedere la partecipazione di tanta gente, letteralmente felice di intervenire a questa pacifica riappropriazione del territorio, alla “rinascita” di borghi dimenticati e alla loro rivitalizzazione con eventi, per una volta, non solo gastronomici o folkloristici. Una lunga serie di conferenze, mostre e dibattiti ha permesso di far conoscere queste realtà, restituendo ai residenti l’orgoglio dell’appartenenza al territorio. Il Festival non ha visto solo escursioni e merende ma anche interventi di chi ancora vive e lavora sul territorio, visite ad aziende agricole, a laboratori di artigiani e momenti culturali come presentazioni di volumi e ricostruzioni di avvenimenti storici.

 

La Biblioteca Onofri di Frattoli di Crognaleto, forte di un deposito di circa 4000 volumi

 

Certo, non basta un incontro di uno-due giorni per far rinascere un posto: la mancanza del presidio e, quindi, della manutenzione, la lenta, lentissima soluzione dei problemi legati allo spopolamento, ai danni del terremoto, alla mancanza di servizi, al disagio degli spostamenti non aiutano certo la progettazione di iniziative e non invogliano a rimanere (la cosiddetta “restanza” dell’antropologo Vito Teti). Per questo, ben vengano queste (e altre) iniziative per portare gente nelle aree dell’entroterra, per farle conoscere e amare. Forse la via giusta è proprio quella del turismo esperienziale, potente ed evocativo attrattore per i cittadini ormai disabituati al contatto con la natura e a ritmi di vita più “umani”. Attività di questo tipo generano – è bene ripeterlo – interesse e indotto ma, soprattutto, promuovono la conoscenza delle diverse realtà e rafforzano l’identità culturale dei residenti. Tutto passa, però, per il miglioramento dei (pochi) servizi esistenti; uno per tutti: le condizioni, spesso miserrime, della rete viaria.

 

Sui sentieri di Fioli di Rocca Santa Maria

 

CONCLUSIONI

 

Al termine di queste brevi note, alcune domande provocatorie (peraltro, già espresse in un precedente articolo, leggilo qui). È meglio indirizzare le risorse verso luoghi poco conosciuti ma “bellissimi” o investire sulle emergenze storico-culturali preminenti, trascurando i luoghi “minori” e provocando, così, una “spopolamento selettivo”? È corretto cercare di recuperare (tutto) il patrimonio, materiale e immateriale, del territorio (per motivi non solo pratici ma anche, e soprattutto, per motivi di identità sociale) o è meglio focalizzare l’interesse verso progetti obiettivamente realizzabili?

 

Partecipanti all’incontro di Elce e Agnova di Cortino

 

Ha senso focalizzare l’attenzione su frazioni e contrade che tutte assieme hanno meno abitanti di un quartiere di Teramo? La risposta è positiva, per almeno per due buoni motivi. Il primo è che questi posti sono importanti per il presidio del territorio, della sua porzione più fragile: «Meriterebbero forse per questo solo fatto un occhio di riguardo da parte dello Stato e delle istituzioni territoriali (Roberto Volpi, 2023)». Il secondo motivo è legato al fatto che la rapida, forte decrescita demografica lascia intravvedere la loro inevitabile sparizione. E qui si torna al primo punto, quello del presidio territoriale.

 

A questo, punto, mi piace ospitare l’intervento dell’amico Roberto Gualandri, uno degli organizzatori, vera “anima” della manifestazione.

 

Ringrazio molto l’amico Gabriele per l’attenzione e i suoi consueti e competenti approfondimenti che offrono sempre occasione per spunti di riflessione profonda. C’è un essenziale punto di partenza che a mio parere non può essere sottaciuto: è il fatto che non possiamo permetterci di trascurare le aree di maggior pregio ambientale del nostro Appennino. Perché in quei luoghi ci sono le risorse essenziali per la nostra vita, l’aria pulita, l’acqua potabile, il suolo incontaminato disponibile, le foreste più estese, e sempre da lì ci arrivano anche quegli indispensabili insegnamenti di vita agreste tramandati da una generazione all’altra, dalle straordinarie popolazioni delle terre alte, che ai nostri giorni sembrano completamente ignorati.

 

Collegrato di Valle Castellana

 

L’idea alquanto bizzarra e coraggiosa di portare le due edizioni del “Festival Culturale dei Borghi Rurali della Laga” nei sessanta borghi rurali d’epoca abbandonati e semi-abbandonati, è nata proprio per lanciare un ultimo accorato appello anche a nome di chi vive ormai nella rassegnazione. Bisognava cercare una motivazione forte per convincere i cittadini che dimorano abitualmente nella fascia collinare e pianeggiante adriatica, a risalire le impervie e sconnesse strade delle montagne della Laga.

 

Il punto di forza del Festival è stato il coinvolgimento diretto delle Comunità residenti le quali, raccogliendo con grande entusiasmo l’invito degli organizzatori, si sono attivate spontaneamente con lo spirito del puro volontariato sorprendendo i visitatori occasionali con straordinari esempi di “cittadinanza attiva” che hanno interessato l’intero comprensorio teramano della Laga. Il risultato di questo straordinaria mobilitazione sociale che non ha precedenti in questo territorio, è stato il recupero di numerosi spazi abbandonati (fontanili, antiche mulattiere, fondaci, staccionate, radure, abituali luoghi di ritrovo), l’esecuzione di importanti opere di abbellimento delle varie frazioni, ma soprattutto la riaccensione di quelle indispensabili “emozioni dell’anima” che hanno permesso di tornare ad apprezzare il valore e l’intensità delle relazioni umane, attraverso originali rappresentazioni e rievocazioni di ispirazione tradizionale, raccontati secondo la specifica vocazione di ciascun insediamento rurale, per rimarcare il diverso modo di abitare di questi territori montani.

 

Alvi di Crognaleto: chiesa di Santa Maria Apparente

 

La speranza ora è che a questo innovativo modello progettuale, ora anche riconosciuto come esempio concreto di Percorso Territoriale di Comunità Educanti dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura, sia data una continuità di azione attraverso una adeguata governance da parte delle Amministrazioni locali. Sono infatti gli esempi di “amministrazione partecipata”, ispirati al principio costituzionale di sussidiarietà, la strada maestra attraverso la quale istituzioni, associazioni, cittadini, centri di produzione culturale, istituti scolastici e attività compatibili, provvedono alla cura dei bisogni collettivi impegnandosi a tessere relazioni solidali e collaboranti, avendo a cuore il destino di un territorio e riconoscendosi nella responsabilità dell’abitarlo insieme.

 

(foto fornite dallo staff del Festival culturale dei borghi rurali della Laga)

 

Panorama da Acquaratola di Rocca Santa Maria


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




X