di Pier Paolo Flammini
Lo scorso 20 novembre in una “nota stampa” veniva reso noto il nome della nuova assessora alla Cultura Lia Sebastiani, nominata dal sindaco Antonio Spazzafumo in sostituzione di Lina Lazzari, dopo un discreto periodo di riflessione da parte del primo cittadino.
La nota stampa si concludeva così: «Nei prossimi giorni il nuovo assessore sarà presentato alla stampa e alla città». Ad oggi, 12 dicembre, la presentazione non c’è ancora stata, anche se magari si può disquisire sul senso preciso dell’aggettivo “prossimi”. Sono trascorsi ventidue giorni.
Qualche giorno dopo, per la verità, la neo-assessora ha rilasciato una intervista al quotidiano “Corriere Adriatico”. Successivamente l’abbiamo casualmente incontrata il 27 novembre all’Istituto Asilo Merlini, e le abbiamo chiesto se volesse concederci una intervista, ma ha rifiutato spiegando che doveva andare via di fretta (anche se si trattava di un colloquio di tre minuti, volendo). Anche se una regola fondamentale è trattare tutti gli organi di informazione allo stesso modo, ed evitare, oltretutto come esordiente assoluta, di parlare con qualcuno e negarsi ad altri.
Torniamo su questa vicenda perché il caso “calendario sexy“, come da noi facilmente pronosticato, ha travalicato i confini cittadini, tanto da trovare spazio in quotidiani nazionali come “Repubblica” e “Affari Italiani”.
Quest’ultimo ha pubblicato una lunga intervista all’assessore al Turismo Cinzia Campanelli: domande persino un po’ troppo reiterate, tanto che le risposte di Campanelli, alla fine, risultano sempre le stesse. Ma quel che colpisce, è che all’ultima riga dell’intervista si legge: «L’assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità, Lia Sebastiani, non ha risposto al telefono».
Sarebbe dunque interessante, a ventidue giorni dalla nomina, poter finalmente parlare serenamente con la nuova assessora: sapere cosa pensa di quella conferenza stampa in sala consiliare e del calendario mostrato come un trofeo, che, piaccia o no, è un atto che rientra nella cultura, almeno in quanto forma di comunicazione.
Ma sapere qualcosa in più: quali sono le sue idee sulla cultura a San Benedetto, cosa intende migliorare, se conosce bene la città (non sappiamo neppure se vive in Riviera), che rapporti intende stringere con i Comuni contermini (c’è la vecchia questione della stagione teatrale da riproporre con Grottammare, come si tentò qualche anno fa, invece che proporre due calendari teatrali in due luoghi distanti tra loro forse due chilometri).
Chiudersi nel silenzio di fronte ai giornalisti, locali e pure alle testate nazionali, invece, non ci sembra un grande servizio alla cultura cittadina. Magari sbagliamo: su, un po’ di coraggio.
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