di Pier Paolo Flammini
Cani col microchip e cacche al Dna. Protesta il quartiere di Porto d’Ascoli Centro, ma il tema potrebbe estendersi a tutta la città, sul problema delle deiezioni canine non raccolte dai proprietari. Il presidente del quartiere Elio Core ha indirizzato una lettera all’attenzione del sindaco di San Benedetto Antonio Spazzafumo e all’assessore al Decoro Urbano Tonino Capriotti chiedendo «di porre in essere provvedimenti atti a rimuovere questa situazione di degrado e di disagio nel quartiere».
«Spesso, camminare sui marciapiedi è diventato difficoltoso per la presenza di sterco di cani. In talune vie del centro, soprattutto nei giorni caldi, in particolare nel periodo estivo, gli odori nauseabondi si propagano nel quartiere e per transitare sui marciapiedi occorre fare uno slalom. Per questo motivo, chiediamo maggiori e diffusi controlli sanzionando i trasgressori delle regole comunali. Le disposizioni emanate dal comune di dotare i possessori di cani di bottigliette di acqua e paletta non sono sufficienti a debellare il fenomeno», scrive Core.
La proposta del quartiere è di «riformulare la proposta di una mappatura di tutti i cani presenti sul territorio della nostra città, dotandoli di un microchip nel quale sia inserito il codice del Dna del cane, con un rilevatore da applicare sulla punta di un bastoncino da fornire agli organi preposti. Il bastoncino poggiato sullo sterco, individua il cane e il suo proprietario, consentendo quindi di inviare al domicilio del proprietario, la sanzione prevista. Altri Comuni, nel Nord Italia, hanno risolto il problema con questo innovativo metodo» come ad esempio, proprio di recente, Carmagnola, in Piermonte.
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