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Appennino da salvaguardare, l’allarme: «I pascoli rischiano di scomparire»

SIBILLINI - L'intervento del commissario alla Ricostruzione Castelli in occasione delle giornate dedicate ai parchi ed alla biodiversità: «Nel 2023 l’Italia ha visto il crollo più significativo di sempre di imprese di allevamento ovicaprino, che ha riguardato soprattutto proprio le nostre montagne»
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«C’è il rischio concreto che a breve non vedremo più pecore al pascolo, una figura iconica della nostra storia e della nostra cultura che per millenni è stata anche l’economia principale del nostro territorio con il formaggio, la lana e la carne».

Colle San Giacomo, gregge al pascolo nei pressi di una caciara (foto G. Vecchioni)

 

A lanciare l’ennesimo allarme è il commissario alla Ricostruzione Guido Castelli. L’occasione, quella della Giornata Europea dei Parchi e della Giornata Mondiale della Biodiversità, in cui ha presentato anche l’esempio del Laboratorio Appennino centrale.

 

«L’esperienza che stiamo portando avanti nella ricostruzione e riparazione del cratere sisma 2016 dimostra che per mettere in sicurezza il territorio e salvaguardare la biodiversità, bisogna contrastare la crisi demografica e lo spopolamento – aggiunge -. In Appennino l’habitat di interesse comunitario più esteso è quello dei prati pascolo, fondamentale per diverse specie ed è minacciato proprio dall’abbandono. Nel 2023 l’Italia ha visto il crollo più significativo di sempre di imprese di allevamento ovicaprino che ha riguardato soprattutto proprio l’Appennino»

Il commissario Castelli

 

«Per salvaguardare la biodiversità dei prati pascolo – prosegue Castelli – bisogna salvaguardare le pecore e i loro allevamenti, ciò è possibile solo con interventi attivi per ricreare le condizioni di presidio e di produttività dell’uomo su questo territorio ed è quello che stiamo facendo con il Laboratorio Appennino centrale».

 

«La messa in sicurezza del nostro entroterra – ribadisce – non può limitarsi alle abitazioni, dobbiamo intervenire su tutto il territorio, oggi in gran parte abbandonato, che senza un presidio diventa una minaccia per le popolazioni e la biodiversità. Stiamo dimostrando che le strategie pensate a livello globale necessitano dell’apporto delle caratteristiche dei luoghi. Nel nostro Appennino l’intreccio uomo-natura ha origini millenarie, nessuno si salva da solo per queste ragioni ogni nostro intervento rappresenta un contributo sia per l’uomo che per la biodiversità».

 

 


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