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Fosso dei Mèrgani, la spettacolare “cicatrice” di Castelluccio (Le foto)

SIBILLINI - Il lungo canale sulla Piana convoglia le acque provenienti dallo scioglimento delle nevi e dalle piogge. Si tratta di circa 60-70 milioni di metri cubi d’acqua all’anno; grandi numeri traducibili in circa 70 miliardi di litri! Un’emergenza naturalistica rilevante, sede possibile di una facile passeggiata in una delle zone più suggestive del Parco Nazionale
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Il Fosso dei Mèrgani

 

 

di Gabriele Vecchioni

 

(foto dell’autore e di Claudio Ricci)

 

All’area del Parco Nazionale dei Sibillini Cronache Picene ha dedicato diversi articoli. In questo, dopo una breve presentazione generale, andremo ad approfondire le conoscenze relative a un aspetto particolare, legato alla sua geologia, il Fosso dei Mèrgani: si tratta di un inghiottitoio responsabile (in tempi geologici) dello svuotamento del bacino carsico costituito dagli attuali Piani di Castelluccio. Con il termine inghiottitoio si intende, in geologia, una struttura tipica delle aree carsiche, come l’area sottostante a Castelluccio di Norcia. Il fenomeno di carbonatazione del calcare, dovuto all’azione delle acque meteoriche, agisce su alcune diàclasi (superfici di frattura verticale in una roccia sedimentaria come è quella calcarea), le allarga e produce un pozzo dove viene convogliata l’acqua di drenaggio, cioè lo scolo delle acque superficiali, spesso in relazione a una rete di canali sotterranei (itinerari di drenaggio sotterraneo). L’inghiottitoio più vicino alla città picena è situato sulla Montagna dei Fiori, nell’area pianeggiante vicina al Lago (a più di 1.600 metri di quota) ed ha l’aspetto di un pozzo.

L’imponente mole del Monte Vettore domina la sottostante piana di Castelluccio. In primo piano, l’incisione dei Mèrgani

 

Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini copre un’area di più di 70.000 ettari ed è (ri)perimetrato all’interno del territorio di due regioni (Marche e Umbria), quattro province (Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Perugia) e 16 comuni. L’intitolazione indica nel Gruppo dei Monti Sibillini l’anima stessa del Parco: la catena montuosa è lunga circa 40 chilometri con orientamento nord-sud e comprende diverse vette con altitudine superiore ai 2.000 metri, tra le quali il “tetto” delle Marche, il Monte Vettore (2.476 metri). Verso sud-ovest, i Sibillini sono separati dalle arenarie dei Monti della Laga dall’incassata valle del Tronto.

I prati di Pian Grande

 

Il massiccio dei Sibillini è di natura calcarea, parzialmente modellato dai fenomeni legati al glacialismo (circhi e valli glaciali dal caratteristico profilo ad U, detriti morenici), all’interno del quale è presente un lago di origine glaciale (il Lago di Pilato, che è il più elevato dell’Italia peninsulare, a 1.940 metri). Sono presenti anche grandiosi fenomeni di natura carsica come il canyon dell’Infernaccio e gli straordinari Piani di Castelluccio; i piani, situati a una quota di circa 1.300 metri, costituiscono il secondo bacino carsico d’Italia per estensione (dopo il Fùcino), con una lunghezza complessiva di circa 10 chilometri e un’area vicina ai 2.000 ettari (20 kmq).

Lo straordinario fenomeno della Fiorita al piano carsico di Castelluccio di Norcia

 

I Piani di Castelluccio sono costituiti da un sistema carsico di bacini glaciali svuotatisi per sprofondamento tettonico (il termine tecnico è “epeirogenesi”): sono conche circondate da rilievi calcarei. Un’area simile, situata a circa 600 metri più in basso, è quella di Santa Scolastica, al limite della quale, su un piccolo rilievo, c’è la cittadina di Norcia. Altre aree intramontane geograficamente “vicine”, riconducibili a una genesi simile a quella di Castelluccio sono quelle di Colfiorito, Cascia e Leonessa.

 

L’intero complesso è costituito da una serie di piani carsici d’alta quota conosciuti come Pian Grande (dove troviamo l’inghiottitoio argomento dell’articolo), Pian Piccolo e Pian Perduto, in comunicazione tra loro. In un articolo del 1983, Angelo Serri ne dava una descrizione giornalistica: «Il versante umbro [dei monti Sibillini, NdA] racchiude gli altipiani d Castelluccio, uno dei luoghi più belli del nostro Paese. Si tratta di un ampio sistema di piani carsici chiusi tutt’intorno da rilievi boscosi e dominati dalla Costa del Vettore, l’imponente e ripidissima muraglia che sbarra a oriente l’orizzonte e scende con un salto di mille metri […] Questi piani costituivano il bacino di un antico lago, le cui acque defluirono in epoca remota attraverso un inghiottitoio apertosi nel terreno e ancora oggi in attività».

Le nevi del Vettore si riflettono nell’acquitrino

 

L’altopiano di Castelluccio è un luogo conosciuto a livello internazionale, soprattutto per via della cosiddetta Fiorita. Per diverse settimane, l’uniformità dei pascoli viene interrotta da un collage di colori che ha pochi eguali e attira numerosi amatori e appassionati di fotografia: la fioritura pressoché contemporanea di specie diverse (genzianelle, viole, narcisi, papaveri, ranuncoli ecc.) provoca un’orgia cromatica che dipende dall’andamento climatico stagionale e ricade, all’incirca, nella seconda decade di giugno.

Acqua che ristagna nei pressi del Fosso dei Mèrgani. A sinistra, la strada che sale verso Forca Canapine

 

Il borgo che ha dato il nome al luogo è Castelluccio, una frazione di Norcia a 1.452 metri di altitudine, un piccolo agglomerato di case che costituisce uno dei centri abitati permanenti più alti d’Italia; il luogo ha subìto danni gravissimi dal terremoto del 2016-17 ed è ancora in fase di “rinascita”. Il borgo è nato nel sec. XIII, legato alla pratica della pastorizia, probabilmente elevato sui resti di un “castelliere”, antico insediamento realizzato in luogo elevato, le cui difese naturali venivano rafforzate da opere umane.

Un’altra dolina ricolma d’acqua vicino al Fosso. In primo piano, fioritura di crochi; sullo sfondo, le pendici del Monte Guaidone

 

L’area ha una geomorfologia legata al carsismo: sul lato meridionale dei Piani, si incontra un inghiottitoio lineare di grosse dimensioni, denominato Fosso dei Mèrgani (dalla voce latina mergere, “sommergere”): una lunga “cicatrice” che percorre la superficie della pianura per 2 chilometri e mezzo, una fenditura che incanala e raccoglie le acque dal bacino dei Piani di Castelluccio, provenienti dallo scioglimento delle nevi e dalle acque meteoriche, per un totale di circa 60-70 milioni di metri cubi all’anno. Le acque drenate dal Fosso (profondo 20 metri «nella zona veramente idrovora») arrivano nelle falde sotterranee che alimentano i torrenti Sordo (è un affluente del Nera) e Torbidone della sottostante piana di Santa Scolastica, a una quota di 700 metri, circa 600 metri più in basso dei Piani di Castelluccio. Il secondo corso d’acqua merita qualche riga di approfondimento: il Torbidone (le cui acque confluivano nel Sordo) era scomparso dopo il terremoto del 1979 ed è “riapparso” quarant’anni dopo, a seguito di quello del 2016, costringendo la Protezione civile e il Genio militare a un intervento per il rimodellamento dell’alveo, per evitare danni a cose e persone.

Il Fosso dei Mèrgani. Sullo sfondo, il Vettore innevato

 

In uno studio mirato del 1946-47, il geologo Cesare Lippi-Boncambi aveva chiarito che il Pian Grande costituiva, «in tutta la sua estensione, una vera e propria superficie destinata al drenaggio delle precipitazioni atmosferiche». L’autore descriveva poi la struttura drenante: «Esso, oltre a innumerevoli grandi doline assorbenti e ad un piccolo inghiottitoio nell’estremo Sud, presenta, nella sua parte centro-meridionale, delle lievissime incisioni nel tappeto erboso, che, a mo’ di canali naturali, riunentisi tutti fra loro, danno luogo gradualmente al cosiddetto “Fosso dei Mèrgani”, che riceve tutte le acque traboccanti dal piano nella stagione dello scioglimento delle nevi e le conduce ad Est verso la regione “L’inghiottitoio”, che le smaltisce rapidamente».

Il profondo intaglio dei Mèrgani visto dalla strada che dai Piani risale verso Forca Canapine

 

Nelle vicinanze dell’inghiottitoio si trovano diverse doline. La formazione di queste ultime è legata all’azione di solubilizzazione delle acque meteoriche sul carbonato di calcio. In un precedente articolo, avevamo raccontato di come, «Immediatamente dopo gli eventi sismici di due anni fa [nel 2016, NdA], si aprì, vicino ai Mèrgani, un’ampia voragine profonda 5 m, per il collasso e il compattamento di “elementi sciolti” torbosi: la formazione “in diretta” di una dolina».

Il Fosso visto dall’alto; qui siamo in piena estate, dopo lo sfalcio

 

Considerazioni conclusive (ricapitolazione). La cosiddetta Piana di Castelluccio è «una conca intermontana la cui genesi è strettamente legata all’attività del sistema di faglie del Monte Vettore che, a partire da circa 2 milioni di anni fa, ha determinato il sollevamento progressivo del Monte Vettore e il graduale abbassamento del bacino di Castelluccio». Il bacino è il fondo di un antico lago pliocenico (il Pliocene è un tempo geologico compreso tra 5 e 2,5 milioni di anni fa), ricoperto da potenti depositi fluvio-lacustri e ricolmo d’acqua, che si è svuotato gradualmente, grazie alla presenza dell’inghiottitoio più volte citato e di canali sotterranei. Il reticolo idrografico del Fosso è costituito da diversi tratti che incrociano con angoli netti (quasi retti, cioè a 90°), segno di un “intervento” della tettonica nella sua costituzione.

 

Ma lasciamo la descrizione alle splendide immagini allegate all’articolo e fornite, in gran parte, dall’amico Claudio Ricci.

 

La ripida parete dell’inghiottitoio

La cascatella dà idea della portata d’acqua del canale collettore

Escursionista ai bordi di un laghetto sul fondo del Fosso

La faggeta si rispecchia nella pozza d’acqua

Inghiottitoio della Montagna dei Fiori


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