di Maria Nerina Galiè
«Ora ci sono le ordinanze, le autorizzazioni e i soldi. Non ci sono più scuse per i ritardi nella ricostruzione. E’ tempo che uffici competenti, tecnici ed imprese abbiano un occhio di riguardo per le zone più colpite dal terremoto del 2016. Ai “Terremotati” con la “T” maiuscola, che hanno visto morte e distruzione intorno a loro».
Ci crede fermamente il sindaco di Arquata, Michele Franchi, rimasto sul territorio a vivere stabilmente come molti dei suoi concittadini dopo i tragici eventi di otto anni fa, di cui stanotte ricorre l’anniversario (leggi qui). A farlo ben sperare l’ordinanza speciale del Commissario Sisma Guido Castelli, ora al vaglio dell’Anac: «E’ ormai vicino il maxicantiere per la ricostruzione del centro storico», recita nota della Struttura commissariale (leggi qui).
«Sì – continua Franchi che ricorda quella notte come se fosse ieri – ci credo che Arquata possa rinascere, come lo credono le tante persone che sono ancora, a vivere nelle Sae in attesa di tornare a casa. E sono tanti anche quelli che vogliono tornare.
Sono confortanti le notizie sull’iter della procedura. Ma è necessario che si metta davvero mano ai lavori. Senza ulteriori indugi. Dopo il terremoto si sono susseguiti il Covid, il 110 che ha distolto forza lavoro dai cantieri del terremoto, la crisi energetica con l’impennata dei prezzi.
Ma non è tempo adesso di guardare indietro, piuttosto è il momento di darsi da fare.
Lo dobbiamo a quelli che sono morti ad Arquata, la notte del 24 agosto 2016. Lo dobbiamo a coloro che il terremoto ha ucciso nel tempo. Penso ai tanti anziani costretti ad andarsene altrove, trovandosi spaesati, senza più i loro punti di riferimento e che non sono sopravvissuti».
Inevitabile che i ricordi scivolino a quella notte, viva e dolorosa nella memoria dell’allora giovane vice sindaco e braccio destro dell’indimenticato Aleando Petrucci.
«Io ero a Spelonga, dove vivo tutt’ora. C’era la Festa Bella. Lì per lì non ci siamo resi conto della gravità della situazione, ad Arquata ci siano “abituati”, abbiamo sempre avvertito i forti sismi dell’Aquila, prima ancora dell’Umbria.
La prima persona che ho chiamato è stato il sindaco Petrucci che era Trisungo, dove passava le estati. Non gli prendeva bene il telefono e non riusciva a contattare persone care. Era preoccupato, ma come me ci siamo subito attivati per tornare al capoluogo ed organizzare i controlli con gli altri assessori e i tecnici comunali. Per metterci a disposizione dei cittadini. Sapevamo già che c’erano sfollati ed abbiamo predisposto subito un campo base a Borgo».
«Prima delle 4 ero ad Arquata – continua il sindaco Franchi – ho visto le persone scappare dalla pineta e non dalle scale ed è stato subito chiaro che non si era trattato di un evento sismico come gli altri. Posso dire di essere stato l’ultimo a vedere in piedi il Municipio, dove aveva riposto la fascia un paio di giorni prima, per aver partecipato alla processione del Santissimo Salvatore».
Nel frattempo arrivavano notizie da altre frazioni. Paura e danni a Colle e Trisungo. «Poi la telefonata da Pescara del Tronto, da Capodacqua, da Pretare. C’erano vittime. La seconda scossa, meno forte di quella delle 3,36 ma tale da dare il colpo di grazia ad abitazioni fortemente lesionate, a molti non ha lasciato scampo.
Quei momenti, come i giorni a seguire, sono stati duri, dolorosi, concitati, dove il da fare a prevalso su tutto. Abbiamo visto il grande cuore dell’Italia pronta ad aiutare nell’emergenza.
Lo stesso Aleandro è rimasto sempre in prima linea. Andavamo avanti per forza d’inerzia, scavando tra le macerie. Molti sono stati tratti in salvo anche prima dell’arrivo dei soccorritori, che pure sono stati tempestivi e competenti.
Tanti, però, quelli che non ce l’hanno fatta. Il loro ricordo rimarrà indelebile».
E sono i 52 nomi che stanotte saranno nuovamente scanditi, alle 3,36, durante la cerimonia di commemorazione.
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