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Turismo, o si diventa Città Unica (e Provincia unita) o meglio evitare chiacchiere inutili

INUTILE agire come piccoli fazzoletti di terra in gara gli uni contro gli altri: occorre un Piano Turistico fatto di relazioni sullo stato attuale, obiettivi, azioni (chi-fa-cosa) e investimenti necessari in un quadro almeno di "Riviera delle Palme" ma possibilmente provinciale. Altrimenti si rischia di ripetere sempre gli stessi errori
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In senso orario Piazza Arringo ad Ascoli, la spiaggia di San Benedetto, panorama di Grottammare dal Paese Alto, il lago di Pilato sul Monte Vettore

 

di Pier Paolo Flammini

 

A Grottammare, intanto, hanno costituito una “Consulta del Turismo” che per ora ha raggiunto le 23 unità, tra albergatori e imprenditori balneari: un piccolo/grande segnale (clicca qui). Piccolo, perché per ora si tratta di una minoranza di operatori turistici nell’insieme della “Riviera delle Palme”, grande, perché è un segnale importante: si è capito che l’eccessivo frazionamento di interessi, sia di tipo imprenditoriale sia per quanto riguarda la frammentazione amministrativa, è un grave problema per la Riviera e per il Piceno in genere.

 

Restiamo in campo turistico, perché di questo si sta parlando negli ultimi giorni, quando si tirano le somme di una stagione balneare che si era preannunciata negativa fin dall’esordio (clicca qui per le dichiarazioni di Nicola Mozzoni del 24 giugno scorso). Ma l’analisi potrebbe essere estesa a molti altri campi, come scrivemmo in questo articolo lo scorso 23 aprile (clicca qui). Tuttavia è più facile parlare di turismo, come in economia di inflazione: sono concetti semplici da capire, quindi popolari. Non è un caso che sia l’argomento maggiormente citato dagli amministratori comunali, persino in paesi dove l’incidenza del turismo è praticamente nulla.

 

La cattiva gestione del Consorzio Turistico “Riviera delle Palme”, crollato in una marea di debiti a causa di una gestione troppo politicizzata e poco attenta alle spese, ha di fatto messo fine al tentativo di coordinare le politiche turistiche della Riviera. Già il Comune di Cupra Marittima, all’epoca – forse con una certa preveggenza per i problemi di gestione che sarebbero emersi – si era sfilato, assieme ai suoi operatori turistici.

 

Ma quale sarà il futuro del turismo della “Riviera”, e dell’intero Piceno, se non ci sarà una modifica della programmazione turistica e un coordinamento esteso tra tutti i comuni e gli operatori economici, che non possono essere limitati soltanto a quelli direttamente coinvolti nel turismo ma ampliati anche all’intero indotto (pensiamo ai fornitori, agli organizzatori di eventi)? Il rischio è di trasformare il turismo in una sorta di intrattenimento residenziale e, al più, di vicinato (e ci riferiamo a un pendolarismo dalle stesse Marche, Umbria, Abruzzo, alto Lazio).

 

Quanto sta avvenendo a Grottammare è bene che coinvolga al più presto anche la vicina San Benedetto e Cupra, sia a livello di imprenditori privati che associazioni e poi gli enti. Per estendersi, una volta raggiunto un livello soglia auspicabile, anche l’entroterra.

 

Ci sono competenze professionali e imprenditoriali – e magari anche politico-amministrative – per giungere a ciò che non è mai stato fatto, o, al meglio, fu realizzato già negli anni ’80 per poi restare lettera morta. Ovvero un Piano Programmatico Turistico, che inizi a indicare lo stato di fatto, gli obiettivi auspicabili e soprattutto le azioni da attivare per raggiungerli. Non in un fazzoletto di terra isolato, quali sono di fatto i territori di Grottammare, San Benedetto e Cupra (insieme non raggiungono la metà dell’estensione di Ascoli e Ancona, per esempio), ma in uno spazio più ampio, possibilmente provinciale. Certo, c’è il ruolo della politica, con la volontà e necessità dei sindaci di apparire mediaticamente e agire politicamente. Ma si potrà anche ribaltare il concetto, portare all’attenzione buone pratiche da perseguire e chiedere alle Amministrazioni di impegnarsi ciascuna per la loro parte.

 

A titolo di esempio, non esaustivo ma proprio per farci comprendere in un articolo giornalistico, pensiamo alla promozione condivisa, sia per attrarre visitatori che per guidarli una volta giunti nella “Riviera delle Palme” e nel Piceno, del Paese Alto di Grottammare, di Marano, dell’Area Archeologica di Cupra, della Riserva Naturale Sentina e, andando verso l’interno, dei percorsi bike ed e-bike, delle cantine, delle feste tipiche (chiamiamole sagre ma ci sono eventi ben più strutturati ormai), dei riti della campagna (vendemmia, produzione di vino, birre artigianali, specialità derivanti dall’anice, olive) ovviamente dei borghi storici piceni, dell’intera città di Ascoli, dei Monti Sibillini e del loro Parco Nazionale. Senza parlare della gestione coordinata di eventi che possano richiamare un pubblico di visitatori estraneo al classico flusso turistico.

 

Tutto questo oggi è slegato, persino reso più difficoltoso nella ricezione unitaria dalla frammentazione dei centri decisori. Basti pensare, e torniamo agli anni ’80, che allora nacque l’idea di creare un marchio/ che identificasse San Benedetto e la Riviera (“Palmino, l’esotico più vicino”): oggi l’unico marchio che è stato capace di imporsi è quello dei Monti Sibillini, per il resto spesso è una produzione auto-riferita ignorata non solo dal mercato ma persino dagli stessi residenti.

 

Ripetiamo: stato di fatto, obiettivi, azioni, chi-fa-chi, eventuali risorse economiche necessarie, tempi di ritorno, investimenti pubblici di breve, medio o lungo periodo (per esempio, segnaletica e informazione oppure un nuovo percorso bike o interventi infrastrutturali di carattere regionale o nazionale).

 

Una riga per concludere: pensare che il comparto turistico sia separato dalle decisioni di politica economica sarebbe sbagliato. Possiamo partorire le idee più confacenti alla realtà picena, ma se il solco in cui occorre muoversi è quello dell’austerità, ovvero di poche risorse economiche nelle tasche dei cittadini, non c’è piano che tenga.

 

 


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