di Luca Capponi
Galeotta fu una partita di calcio, l’Ascoli-Bari giocata nell’agosto del 1981 al “Del Duca”. Prima ancora, nel 1968, quando aveva solo 8 anni, una radiolina con la telecronaca in diretta di un’altra partita del Bari, la sua squadra del cuore.
Già, ma come è possibile che un tifoso dei biancorossi pugliesi, nato a Nettuno, in provincia in Roma, vissuto a Siena per oltre vent’anni ed attualmente residente a Termoli, in Molise, sia divenuto un innamorato cronico di Ascoli e delle sue bellezze fino a mettere su una collezione di cartoline storiche così imponente da arrivare ad oltre 770 pezzi?
«Ho avuto una vita un po’ girovaga, diciamo così», ammette Giuseppe “Pino” Balenzano, classe 1960, ex bibliotecario oggi funzionario della Regione Molise.
«Ho vissuto 11 anni a Nettuno, poi per motivi di salute il trasferimento in Toscana, dove sono stato fino a 35 anni. Poi, per questioni di cuore, sono andato a vivere a Termoli».
Le questioni di cuore portano il nome della moglie Lucia, che in questa storia recita una parte fondamentale. Così come la recitano le passioni di Pino. Da un lato quella archivistica, che negli anni lo ha portato a schedare, tra le altre cose, circa 3.700 partite del suo Bari. Dall’altra il collezionismo, che ha visto crescere in casa lo spazio occupato da modellini ferroviari, francobolli e cartoline antiche.
Sì, ma Ascoli che c’entra?
«Dopo quella radiocronaca che ascoltai per curiosità grazie a mio padre, ho iniziato a seguire il Bari in ogni sua partita – spiega Balenzano -. Crescendo, ho cominciato a girare l’Italia per assistere dal vivo anche alle trasferte. All’inizio vivevo il tifo come una toccata e fuga poi col tempo è diventata una cosa più “turistica”».
«A mia moglie – continua – sono sempre piaciute le città medievali intrise di storia e bellezza. È per questo che, ricordandomi di Ascoli, l’ho portata a visitare le cento torri per la prima volta, una decina di anni fa. Da lì è scattato il classico colpo di fulmine, con le visite che sono aumentate vertiginosamente. Veniamo qui almeno due volte al mese, specie quando c’è il mercatino dell’antiquariato, prenotando anche settimane prima. Siamo rimasti colpiti oltre che dalla particolare conformazione architettonica, dalla tranquillità e dal carattere delle persone. Negli anni, abbiamo trovato più amici qui che dove viviamo, c’è un clima davvero speciale».
«Amo ricercare, acquistare e poi conservare le cartoline antiche dei luoghi in cui ho vissuto, ed in questa galleria è quindi entrata di diritto anche Ascoli, a cui ci sentiamo molto legati – ricorda Pino -. Nel giro di tre anni ho raccolto circa 770 immagini, tra cartaceo e digitale, che raccontano com’erano una volta i suoi scorci più noti. L’ho fatto per riconoscenza verso la città, per preservare parte dei suoi tesori ed anche per lasciare una testimonianza che, dove possibile, possa aiutare a porre rimedio agli errori che nel tempo sono stai compiuti su alcuni siti».
Un’opera di ricerca sincera e senza secondi fini. Non a caso da qualche tempo Pino ha iniziato a pubblicare le immagini sui social, suscitando reazioni positive e dibattiti sull’origine delle fotografie. Come nel caso di quella che ritrae una colonna di mezzi da mercato in Piazza del Popolo.
«Non si tratta però di un mercato ma, sembra, della consegna degli aiuti di primi necessità previsti dal Piano Marshall nell’immediato dopoguerra – commenta -. Tra le immagini più caratteristiche che ho trovato, una prospettiva quasi inedita di Piazza Roma con il Duomo sullo sfondo. Ma anche quella del Bar Roma di corso Trieste, che la cartolina dice di essere di proprietà di un certo G. Maccari. Mentre quella che ritrae la famosa fontana di viale De Gasperi quando era ancora attiva non ha mancato di suscitare qualche polemica, visto lo stato in cui si trova oggi».
Ma la galleria è lunga e vede tanta carne al fuoco, per quello che rappresenta un vero e proprio viaggio nel tempo dai tratti suggestivi. Un viaggio che tra i benefici effetti ha anche quello di innescare una piccola prova con sé stessi, nel tentativo di riconoscere la collocazione esatta di luoghi che con i decenni sono completamente cambiati. Una Ascoli d’antan che emoziona. E che non smette di stupire.
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