di Gabriele Vecchioni
Franco Laganà, presidente dell’Uplea, Università Popolare del tempo libero e della libera età, lancia l’appello sulle difficoltà incontrate dall’associazione per l’espletamento dei suoi impegni istituzionali vista la mancanza di una sede operativa. Nell’occasione, gli abbiamo rivolto alcune domande per chiarire gli aspetti del problema.
Prima di tutto, parliamo dell’Uplea, spiegando brevemente gli scopi, la sua “mission” e quindi il senso del suo agire. Ricordiamo che l’Uplea è un’associazione che svolge la sua apprezzata attività da ben diciotto anni.
«Il nome esteso di Università popolare itinerante del tempo libero e della libera età di Ascoli Piceno Aps Ets e organizza corsi e laboratori di vario tipo e per tutte le età – abbiamo anche un corso di lettura per bambini – ma principalmente assolve alla funzione di promuovere l’invecchiamento attivo della popolazione adulta attraverso le attività di apprendimento permanente previste dall’articolo 4 della legge Fornero del 2012, naturalmente non quello di tipo formale espletate dall’istituzione scolastica che rilascia titoli di studio o diplomi professionali, ma quello non formale nella quale rientra l’operatività degli organismi di volontariato. Aps significa che UPLEA è una associazione di promozione sociale che opera principalmente con attività a favore dei propri soci, Ets sta ad indicare che siamo Ente del Terzo Settore, un riconoscimento importante da parte dello Stato che ci pone alla pari con gli enti istituzionali ed educativi, ma con precisi obblighi statutari e di trasparenza: infatti tutto quello che ci riguarda – statuto, cariche sociali, bilanci – è pubblicato nel Registro unico nazionale. Per completare la carta d’identità, l’Uplea fa parte della rete nazionale Auser che in Italia conta 250.000 soci che operano in 1.700 circoli ed a livello provinciale 3.000 soci in 23 circoli ricreativi e sociali, di cui 6 in Ascoli. Questo ci permette di promuovere e partecipare a tante iniziative che nascono appunto nel mondo del volontariato».
Come hai ricordato, l’Uplea è, da tempo, un punto di riferimento per il territorio, poiché risponde ai bisogni formativi di un settore importante della società civile, quello degli adulti. Qui occorre fare una precisazione: l’Università popolare non si rivolge solo alla fascia di appartenenti all’età matura ma, grazie all’ampio ventaglio dell’offerta culturale, vuole gettare un ponte generazionale, favorendo la socializzazione e il confronto.
«L’Uplea organizza ogni anno una trentina tra corsi e laboratori, basta sfogliare la rivista “Itinerari” che pubblichiamo annualmente con il programma delle attività accompagnato da redazionali elaborati dai nostri soci e docenti su temi dedicati all’arte, storia e ambiente del nostro territorio. Alcune recenti iniziative sono state particolarmente significative per la città, come la raccolta di poesie di Lea Ferranti dedicate ad Ascoli in occasione della dedicazione del Chiostro di Sant’Agostino (2022) e il volume realizzato da nostri soci sulle lapidi ed iscrizioni di Ascoli sparse per rue e piazze con tanto di cartine turistiche (2023), proposte ambedue promosse in collaborazione con l’Amministrazione Comunale. Riguardo al ponte generazionale, cito un paio d’iniziative recenti sviluppate una con l’Istituto scolastico comprensivo Borgo Solestà-Cantalamessa sull’alimentazione e la cura di un orto scolastico e l’altra con il CPIA legata alla riscoperta di luoghi significativi e di antichi mestieri. Con le stesse istituzioni scolastiche abbiamo attivato una pagina di Vikidia, l’enciclopedia informatica realizzata dai ragazzi, con una scheda dedicata ad Ascoli, tradotta in più lingue. Quindi, per quanto ci riguarda, l’apertura verso enti istituzionali ed educativi è massima».
Torniamo al valore sociale che l’Uplea svolge nella società civile ascolana. L’Università popolare, con i suoi bassi, bassissimi costi, ha un ruolo importante di educazione permanente
«Mantenere la mente allenata così come fare pratica di ginnastica dolce è fondamentale per stare in buona salute ed essere parte attiva della nostra società civile. Ma l’aspetto sociale si concretizza anche nel contrastare un altro fenomeno purtroppo cresciuto notevolmente in questi anni che è quello della solitudine: la frequentazione di materie e attività condivise nei corsi che organizziamo servono anche per questo».
In una recente intervista radiofonica hai manifestato una situazione di difficoltà, legata soprattutto alla carenza di una sede stabile o, comunque, sulla quale poter contare in maniera sicura.
«Nel nome esteso di Uplea c’è la parola “itinerante” e non è casuale, perché una decina di corsi, quindi addirittura 1 su 3, sono sparsi per la città e inseriti in altri ambiti culturali, come ad esempio la Bottega del Terzo Settore, la Libreria Rinascita, il Museo Archeologico Statale che ospita l’apprezzato corso di Archeologia in un contesto di straordinario fascino; questo sta a significare la volontà di stare a contatto con tutte le realtà culturali cittadine. Però è anche vero che per gli altri corsi occorre avere una sede stabile, per ovvii motivi logistici ed organizzativi e li tenevamo proprio dentro le scuole nelle ore pomeridiane quando le aule sono libere ed è quanto mai significativo che docenti e discenti tornassero a frequentare quelle aule scolastiche che li avevano accolti molto tempo prima come alunni. Poi è arrivato il sisma che ha reso inagibili i laboratori del Professionale da noi utilizzati il pomeriggio – ceramica, informatica, sartoria ecc. – e, subito dopo, il Covid che ci ha impedito di utilizzare le aule scolastiche per ovvi motivi di sicurezza sanitaria. Ci è venuto in soccorso il Comune che ci ha reso disponibile un piano dell’ex dispensario e quindi siamo riusciti a riprendere tutte le attività, ma adesso lo stabile è stato oggetto di transazione con il Demanio dello Stato e quindi, necessariamente, si deve trovare un’altra soluzione che allo stato attuale non può che essere quella del rientro nell’ambito scolastico dal quale provenivamo».
E per concludere, presidente, rivolgiamo un appello…
«L’appello è rivolto agli Enti pubblici, istituzionali e scolastici, perché pur tra tante difficoltà – pensiamo ai tanti lavori di restauro di edifici a seguito del sisma – ci sia data la possibilità di farci proseguire nella realizzazione dei corsi, il cui inizio è previsto già da metà ottobre; basta poco, solo la disponibilità di qualche aula di pomeriggio. Abbiamo fatto richiesta ai dirigenti scolastici, ma è importante evidenziare che, a fronte di qualche piccolo fastidio che possiamo procurare, la scuola darebbe un senso compiuto alla sua apertura – oggi quanto mai necessaria – verso il territorio dove opera, attraverso un rapporto più stretto in campo educativo con la comunità locale rappresentata dal volontariato. Non a caso nel Codice del Terzo Settore uno specifico articolo, il 55, rimarca il coinvolgimento degli enti del Terzo Settore che le amministrazioni pubbliche, scuole comprese, devono assicurare nelle attività di co-programmazione e co-progettazione; già in diverse città italiane sono stati attivati patti educativi di comunità insieme al Terzo Settore per l’individuazione dei bisogni educativi di tutta la popolazione, compresa quella adulta. Basti pensare alla necessità di accrescere l’alfabetizzazione informatica, carente proprio nella fascia in cui opera il nostro volontariato con gli appositi corsi che organizziamo. Abbiamo superato momenti difficili come terremoto e Covid, sono fiducioso che con un po’ di attenzione si possa trovare una soluzione anche a questo».
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