di Pier Paolo Flammini
Un Ottavio Palladini forse lucido e aperto come non mai, quello che ha partecipato alla trasmissione “Ritmo di Samb” su Vera Tv martedì sera. Un “tuttocampista“, come era quando calcava il campo di calcio: dal campionato alla stra-vittoria contro L’Aquila, dalle polemiche post-Notaresco al rapporto col il direttore sportivo De Angelis e il presidente Massi al settore giovanile, per arrivare a diverse rivelazioni inedite risalenti alla sua esperienza a Porto Sant’Elpidio, ai motivi personali che lo hanno condotto nella città del Fermano per giungere ai rapporti passati con l’ex presidente Serafino e i motivi che condussero alle sue dimissioni in epoca Fedeli.
«La squadra è completamente rinnovata, trovare subito l’amalgama non è semplice ma siamo stati bravi in settimana a lavorare sui difetti di questo primo scorcio di campionato, anche se devo dire che contro la Recanatese abbiamo giocato una buona partita – ha detto l’allenatore – Dopo la gara di Notaresco, quando sono tornato a casa, ho rivisto due-tre volte la partita. A mente fredda c’è da dire che il gol preso dopo due minuti ci ha condizionato, abbiamo avuto la frenesia di recuperare e loro giocavano in difesa. Nonostante questo l’abbiamo recuperata quando sembrava impossibile. Contro L’Aquila abbiamo deciso di cambiare modulo, che avevamo già provato nelle amichevoli estive, sapevamo che poteva funzionare».
«Va bene ricevere le critiche, ma non va bene la cattiveria. Il direttore De Angelis ha costruito una squadra importante per la Serie D e i giocatori stanno dando tutto. San Benedetto adesso ha la fortuna di avere un presidente con una passione indescrivibile. Sappiamo qual è l’obiettivo, ma non bisogna farsi prendere dall’ansia, il pubblico della Samb non ha nulla a che spartire con la Serie D e secondo me neanche con la Serie C, ci vorrà pazienza» ha continuato.
Riguardo lo schema di gioco usato contro L’Aquila, se 4-4-2 o 4-2-3-1, Palladini, ha dichiarato: «Nel calcio moderno si gioca quasi sempre uno contro uno, se gli esterni non aiutano nella fase difensiva diventa difficile. Lonardo invece è un giovane che avevo visto giocare l’anno scorso a L’Aquila, nell’unica sua gara da titolare, e il direttore De Angelis mi ha consigliato di tenerlo, perché ha fisico e qualità, e può migliorare. E inoltre ha aggiunto: Si può giocare anche a tre dietro, sabato scorso l’abbiamo provato, il 3-4-3 con Orfano e Chiatante esterni di centrocampo, utile nel caso la partita contro L’Aquila non si sbloccava».
Sui motivi che hanno portato la società a rivoluzionare la squadra di un anno fa, Palladini spiega: «Abbiamo cercato giocatori che hanno gamba e anche fisicamente piazzati, perché il prato del “Riviera” è tra i più grandi della Serie D. De Angelis mi ha spiegato che lo scorso anno qualcosa si è inceppato, anche se non so cosa, e questo ha portato ad altre partenze. A questo abbiamo abbinato anche un preparatore atletico che non ha bisogno di presentazioni come Di Renzo, sappiamo che ci vorrà del tempo ma secondo me siamo sulla buona strada».
Tornando al cambio modulo, Palladini ha fatto presente come il primo gol sia arrivato da un accentramento di Baldassi dall’esterno, mentre «il gol di Eusepi sia stato possibile proprio da un movimento simile di Battista, un giocatore fortissimo che punta sempre l’uomo ma meno abituato a entrare in area. Lo stesso discorso feci a Mancuso in Serie C: lui stava largo sulla fascia, e gli spiegai che in quella zona non avrebbe segnato tanti gol, doveva tagliare e entrare in area partendo da quella posizione». Mancuso che poi diventò capocannoniere e avrebbe continuato una carriera ricchissima di gol.
Palladini sta seguendo da vicino l’evoluzione del settore giovanile e della Juniores: «Appena arrivato ho detto che il giovedì avremmo fatto allenamento con la Juniores, per poter vedere i giocatori della Juniores e capire se qualcuno è pronto, inoltre ai ragazzi serve giocare contro la prima squadra. Sono andato a vedere la vittoria contro la Recanatese, c’è Saggiomo che ha giocato con me, Titone alla scuola calcio e Dino Grilli coordinatore. L’aiuto che posso dare al settore giovanile? Il principale sarebbe vincere il campionato per andare alla Juniores Nazionale, perché sarebbe tutta un’altra cosa. Vedrò delle partite e in Coppa Italia cercheremo di portare con noi qualche ragazzo della Juniores».
E poi il passato e diverse rivelazioni inedite: «Nel 2020 mi sono operato al cuore, sono stato fermo alcuni mesi e poi mi è arrivata la chiamata del presidente del Porto Sant’Elpidio, Giampaolo Marini, tifosissimo della Samb che segue sia in casa che fuori. Venni chiamato che la squadra, giovanissima, in Serie D, era già spacciata, con tre punti in un girone. Poi mi ha chiesto di restare, siccome sono riconoscente con le persone che mi aiutano, ho accettato di lavorare con i giovani in quegli anni. Non avevo mollato perché sono sceso di categoria, come qualcuno ha pensato: a Porto Sant’Elpidio ho modificato le mie vedute, giocando spesso col 3-5-2 o col 3-4-3, ma devo dire che non mi aspettavo la chiamata della Samb. Massi mi aveva già cercato quando era al Porto d’Ascoli. Anzi, devo dire che quando ero al settore giovanile della Samb Serafino mi chiamò per andare al posto di Montero, ma io mi ero operato da poco e non potevo allenare per motivi fisici».
«Difensivista? So che mi è stata affibbiata questa nomea, ma mi viene da ridere perché nei due campionati di Serie D vinti, nel 2012-13 la Samb ha fatto 75 gol e ne ha subite 35, l’anno con Fedeli 76 gol fatti e 36 subiti. Quindi sorrido quando lo sento dire» afferma l’allenatore sambenedettese.
Infine l’episodio che condusse alle sue dimissioni dalla Samb nel periodo natalizio del 2016, in Serie C: «Mi dimisi con Fedeli perché avevamo due modi di vedere il calcio diversi: lui voleva solo vincere, anche io gioco per vincere ma ci sono dei valori come gli avversari e tante componenti. Fedeli attaccava i giocatori, accusava Mancuso o Berardocco e gli altri, e io poi la domenica dovevo metterli in campo. Non si devono mai criticare i proprio giocatori. Massi? Il presidente può dire ciò che vuole quando stimola la squadra, i giocatori che si hanno sono sempre i più forti del mondo».
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