di Maria Nerina Galiè
Carcere del Marno del Tronto, ancora un caso pericoloso e che ha richiesto un altro imponente intervento degli agenti di Polizia Penitenziaria che – attraverso i loro rappresentanti sindacali (Osapp e Uspp) – non smettono di lanciare l’allarme sulle difficili condizioni di lavoro, sulla carenza di personale e, di conseguenza, sui rischi che corrono ogni giorno.
Ieri, 18 ottobre, l’ultimo caso. Un detenuto di origini magrebine è salito sul tetto del “passeggio” (un reparto particolare le cui criticità sono spiegate sotto) probabilmente con l’intento di evadere. Non c’è riuscito perché gli agenti in servizio lo hanno impedito, aprendo un lungo dialogo con il detenuto che alla fine è sceso dal tetto ed è stato accompagnato nel reparto isolamento.
L’uomo è arrivato da due giorni nella casa circondariale di Ascoli da quella Ferrara, dove pure si era reso protagonista un grave evento: aveva colpito con una lametta un ispettore di polizia penitenziaria, procurandogli delle ferite al volto.
«Il personale dell’Istituto Ascolano – afferma Salvatore De Blasi, responsabile provinciale di Ascoli dell’Osapp (l’organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria) – è ormai allo stremo delle forze, con tre piantonamenti in atto per 2 detenuti ricoverati in Psichiatria all’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto ed 1 in Medicina al “Mazzoni” di Ascoli».
Per piantonare in ospedale un detenuto si devono muovere 3 agenti, fino a 5 se si tratta di un recluso della sezione alta sicurezza.
«I colleghi – continua De Blasi – sono costretti a turni massacranti di 14/16 ore di servizio continuativo, sia di giorno che di notte. Alcuni vengono richiamati in servizio dal turno di riposo o dalle ferie.
Il Prap (il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria che ha unito le Marche all’Emilia Romagna, ndr) continua a mandare ad Ascoli detenuti particolari e pericolosi, sapendo che la struttura non può ospitare più di certo numero di queste figure. Ma soprattutto il Prap ed il Dipartimento restano inermi di fronte alle nostre richieste di aiuto, da servitori dello Stato, che hanno dimenticato cosa vuol dire famiglia e che hanno giurato fedeltà ad uno Stato che non li assiste».
«Il reparto dove si è verificato l’episodio – spiega Angelo De Fenza, segretario regionale dell’Unione Sindacati Polizia Penitenziaria (Uspp) – era originariamente concepito per le donne, progettato con un’area all’aperto per consentire alle detenute madri di trascorrere del tempo con i propri figli, garantendo così una dimensione umana e dignitosa all’interno delle mura penitenziarie.
La modifica della destinazione d’uso di tali spazi ha portato a una situazione di rischio, inadeguata alle attuali esigenze di sicurezza e gestione dei detenuti.
Chiediamo con fermezza che siano adottati provvedimenti immediati per affrontare questa problematica, con particolare riferimento all’installazione di reti antiscavalcamento o una revisione oculata della presenza di detenuti facinorosi all’interno di un reparto chiaramente non predisposto per il loro trattamento.
È imprescindibile garantire la sicurezza non solo degli agenti di polizia penitenziaria, ma anche di tutti i detenuti e del personale operativo.
Non escludiamo – conclude De Fenza – la possibilità di ripristinare il reparto alla sua originaria funzione, compatibile con le necessita della popolazione detenuta e della sicurezza dell’istituto. È tempo di agire con decisione per garantire condizioni di detenzione sicure e rispettose della dignità umana».
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