di Walter Luzi
Il Convegno di Fides Vita è stato pensato, costruito e proposto, fin dalle ormai lontane origini, sulla strada. Non a caso. Una porta aperta per tutti, passanti e curiosi, credenti e non. Per chi è convinto di avere e sapere tutto, e per chi ha l’umiltà, e l’ostinazione, di continuare a cercare ancora, in qualche modo, un senso alla propria vita.
Qui si può cercare, e magari è più facile anche riuscire a trovare, o riscoprire, la via luminosa della Fede e l’arma potente dell’Amore. Rifugio e sollievo, da sempre, forse unici, per tutti i mali, antichi e moderni, che affliggono l’Umanità. Non con la spocchia dei presunti eletti, e la chiusura presuntuosa propria di una setta. I fanatismi e gli oltranzismi di ogni colore. Qui si sorride e si ascolta. Ci si incontra e si riflette. Senza intransigenze e preclusioni. Non è robetta da poco oggigiorno. Con le menzogne urlate nei salotti televisivi, ed il pensiero unico dominante, sempre ottuso e ipocrita, propinato dal Potere per mezzo dell’Informazione asservita.
Resta, e magari torna, solo chi ci si è trovato bene, chi ci si è sentito, qui, come a casa propria, fra affetti sinceri, e con lo sguardo fiducioso rivolto al Cielo. Si riscoprono nella Cultura di ogni tempo, messaggi, sensazioni, disagi, e anche molti drammi, contemporanei. Credere fortemente, e applicare ogni giorno gli insegnamenti del Cristo, non sarà una panacea per tutti mali, ma può essere in grado di cambiare la visione, e grazie ad una diversa prospettiva, spesso il corso, della vita. Anche della tua.
I ragazzi di Nicolino Pompei
Questo che si è chiuso domenica 3 novembre è stato il convegno numero trentaquattro di Fides Vita. Movimento ecclesiale tutto sambenedettese. Come il suo fondatore, Nicolino Pompei, un futuro insegnante di Religione, che, ancora studente, nei primissimi anni Ottanta, sa catalizzare intorno a sé adolescenti già “persi” dentro i loro problemi.
Alla ricerca di strade e motivazioni. Qualcuno emarginato, qualcun altro sbandato, a cui Pompei sa indicare una buona via per iniziare a vivere, ed esaltare, la massima pienezza della vita. Quella della fede. Nicolino Pompei è oggi il leader vivente, e quasi invisibile, di un movimento ormai adulto che sa camminare sulle proprie gambe. Un personaggio carismatico che rifugge il proscenio e il protagonismo, ispiratore e punto di riferimento per quelli che continuano a scegliere Gesù Cristo come compagno irrinunciabile di cammino nella sua cattolica Compagnia.
Il grande villaggio di Fides Vita, approntato negli ultimi anni nell’area lunapark di viale dello Sport, nasce, nel 1991, con una unica tensostruttura delle suore Giuseppine a San Benedetto del Tronto. Con la benedizione dell’allora primo vescovo della nuova Diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, istituita da papa Giovanni Paolo II nel 1986, monsignor Giuseppe Chiaretti. Da quel primo convegno si è passati ad allestire poi sempre un teatro tenda in piazza, luogo più visibile e meglio accessibile da chiunque lo desideri.
È nata così, anno dopo anno, una Compagnia fatta di uomini e donne, bambini e anziani, giovani e famiglie, sacerdoti e laici consacrati, che vogliono continuare a lasciarsi attrarre e ritemprare spiritualmente dal Cristo e dal suo Amore. In una piazza luogo di celebrazione eucaristica mai strumentalizzata, ma, ancor prima, di condivisione e confronto, di fratellanza e testimonianza. Ma che ospita, tradizionalmente, anche musica, teatro, canto. Arte e Cultura in ogni loro forma, che ripercorrono e illustrano meglio il lungo cammino della Storia del mondo. Sensibilità e conoscenza intesi come unici antidoti alle complessità del quotidiano di oggi, e alle paure più profonde di sempre.
Un Movimento di giovani
È padre Armando Moriconi, un altro sambenedettese, a raccontarci il lungo cammino di Fides Vita. E’ il giovane parroco di Monteprandone, ma anche l’assistente ecclesiale della Compagnia, della quale ha vissuto, fin quasi dagli albori, la crescita.
Il futuro don Armando ha diciassette anni quando conosce Nicolino Pompei, che ne ha pochi di più.
«Lui viveva semplicemente questa attrattiva come una bellezza – ricorda don Armando – una passione la sua, e un desiderio, entrambi irrefrenabili, di comunicarla ad altri, che nasce durante il percorso di preparazione alla sua Cresima nella parrocchia di Sant’Antonio da Padova. Lui che non era cresciuto certo, fino a quel momento, fra le mura di una chiesa. Eppure gli viene chiesto, abbastanza sorprendentemente, di restare come catechista di altri ragazzi cresimandi, che, altrettanto sorprendentemente, gli chiedono, a loro volta, di non interrompere quel cammino di crescita comune dopo aver ricevuto quel sacramento».
Fu quello il primo embrione di anime da cui nascerà, anni dopo, Fides Vita. Un primo nucleo che vede aggiungersi, strada facendo, altri giovani in una esperienza fatta di incontri quotidiani, di riflessione, di preghiera, di occasioni per approfondimenti di temi della realtà contemporanea. Quando Nicolino comincia ad insegnare Religione negli istituti superiori, il suo sguardo si allarga ad abbracciare tantissimi altri giovani. Che gettano ponti verso altri coetanei, in città e realtà lontane, dalla Sicilia alla Lombardia, ma dalle pulsioni comuni. Che trovano nel movimento una casa comune in cui riconoscersi e crescere. E nella necessità di un convegno annuale per confrontarsi una esigenza vitale e ormai improrogabile.
«L’incontro con Cristo non può essere relegato al chiuso delle sagrestie – ci dice ancora don Armando Moriconi – una bellezza incontrata non per merito ma per grazia, che, come recita la tematica del filo conduttore di questa ultima trentaquattresima edizione, non può essere sottaciuta, non si può non parlarne. Che vuole incuriosire, indurre il passante ad entrare, a capire. La storia della compagnia è un cammino di fede di ciascuno di noi che ha incontrato, e continua ad incontrare Cristo nella propria vita. Fides vita. Ossia, la fede non può essere disgiunta dalla vita di ogni giorno, non può non toccare, cambiare magari anche la nostra vita. O incidere nelle scelte che ciascuno di noi è chiamato a compiere».
Sa di che parla, lui che, da distante e indifferente, dopo il contatto con Nicolino Pompei alla fede si è così avvicinato, fino a scoprire la sua vocazione per il sacerdozio.
Fino a fargli porre quella domanda, piena di bellezza e di gioia, di senso e significato, che c’è nel cuore dell’uomo. Che trova risposta piena nell’esperienza esaltante dell’incontro con la fede e con Cristo.
Le mostre sotto le tende
I tendoni di Fides Vita ospitano mostre sempre molto interessanti. A disposizione, volentieri, anche di scuole e istituti che fossero interessati per esposizioni temporanee e itineranti. Significati profondi e allestimenti spartani. Ciceroni giovanissimi, preparati e appassionati, accompagnano le visite guidate.
Tematiche affrontate senza tempo, perché, in ogni ambito, riecheggia puntuale il richiamo con l’attualità. Come, quest’anno, da cogliere, riconoscere, nelle dinamiche letterarie, o pittoriche, di grandi artisti del Novecento. Nelle tele degli Impressionisti che fotografano la spensierata e fugace euforia della Belle èpoque ed eternizzano l’istante come per cercare di vincere l’inesorabile caducità di ogni cosa. Luci, ombre e contrasti di un’epoca apparentemente allegra e frivola, ma in realtà profondamente inquieta. La stessa ansia che pervade le opere di grandi scrittori. Con la noia per mancanza di passioni, l’assillo di ammazzare il tempo, e l’inutile che riempie i vuoti.
Il grande inganno della modernità che porta al nichilismo, a quel “male di vivere” che già ben descrissero Pirandello e Montale. La storia si ripete. Rivoluzioni industriali ed espansioni imperialistiche generano i falsi miti dell’uomo unico padrone del mondo e di presunte supremazie di popoli e culture. E poi le guerre, i troppi martiri e i martìri, consumati in ogni continente e in ogni tempo. Eroismi mortificati spesso dall’oblio. Calpestati dal ritorno di ideologie ed odi già condannati senza appello dalla Storia. Che ha visto spesso vittime religiosi di ogni confessione ammazzati insieme al loro Dio, sempre simbolo di Amore, Pace e Fratellanza universale. Festa è soprattutto condivisione.
Nel tendone ristoro, per il corpo e lo spirito. Genuino ed essenziale, come i sentimenti che contano davvero nella vita. Nell’area baby bimbi che disegnano, colorando fogli come presto coloreranno le loro vite. Che immaginano, vogliono, il mondo come dovrebbe essere. Bello, migliore, per tutti. Viene facile, adesso, con i pennarelli. Ma sarà terribilmente più difficile arrivare a costruirlo davvero. Fuori, nel piazzale, i più grandicelli giocano a pallone. Come una volta. Altro che play-station e tutte le altre stramaledette diavolerie digitali che annientano il cervello e inaridiscono il cuore.
Quadratini & Carità
Uno dei momenti clou del 34° convegno di Fides Vita è stato l’incontro-testimonianza dell’Associazione Quadratini&Carità di Don Eugenio Nembrini. Chi sono i Quadratini? Sono le facce di malati terminali racchiusi nei quadratini, appunto, delle schermate di zoom video. Facce sofferenti, ma anche sollevate per poter condividere le loro storie, il loro quotidiano, le loro paure e le loro speranze con altri nelle loro stesse condizioni in videocollegamento su Internet. Un’idea concepita da don Eugenio in tempo di covid per poter portare la santa messa davanti ai loro letti ovunque fossero.
Messe partecipate, come si dice. Alle quali gli ammalati non sono spettatori passivi, ma protagonisti attivi. Concelebranti nei momenti della liturgia, e portatori delle loro testimonianze di vita dopo la benedizione. Da letti di ospedale, attaccati a flebo e dietro le mascherine per l’ossigeno. Fra una terapia del dolore e una sedazione. O nelle loro case. Insultati da politiche nazionali vergognose, che trovano sempre i soldi per comprare armamenti e alimentare guerre, e mai abbastanza per sostenere sanità pubblica e ricerca medica. Un appuntamento quotidiano su Zoom che continua anche dopo la fine della pandemia. È stato un esperimento prezioso che, adesso, appare irrinunciabile, perché troppo importante per tutti loro, e anche per le rispettive famiglie. Compagnia e sostegno. Sì, ma non solo. Scambio di esperienze e di atteggiamenti diversi assunti di fronte al male. O ti incazzi e maledici il mondo intero, o lo accetti come un compagno di cammino. Scoperta comune di sofferenze che possono essere tramutate, anche se non è per niente facile, in risorse. Che fortificano, che arricchiscono, che cambiano tutte le persone che coinvolgono. Al convegno di Fides Vita arrivano in tre a raccontare le loro storie. Di Quadratini e di persone.
C’è Maria Silvia con le sue metastasi inoperabili e quella possibilità di essere felice per il sentirsi, grazie agli altri quadratini di zoom, così “tremendamente amata”. Perché Dio disegna solo cose belle, anche se possono venire con le righe storte, a causa degli errori, nostri, e degli altri. E che «…l’importante è farci trovare vivi quando arriveremo al cospetto di Dio…».
C’è Francesco, che ha perso da poco la sua Caterina. Una dei Quadratini più amati prima che nemmeno un trapianto riuscisse a salvarla. Si riascoltano i suoi audio e i suoi video registrati prima della sua «salita in Cielo». La si chiama così fra i Quadratini di don Eugenio. Mai morte. La vita resta un dono senza fine. E poi, ripeteva Caterina «Sia che vivo, sia che muoio, io appartengo a Cristo». Il suo scherzare sugli elementi naturali della tavola periodica di Mendeleev che accomuna le materie di cui sono fatti gli umani con quelle di cui sono fatte le stelle.
C’è Marina, che ha a lungo assistito e quindi perso la figlia. «La morte non è solo la brutta fregatura di una vita bella – dice – la vita è bella tutta, Sempre. Fino in fondo. Anche per quello che lascia a chi resta». Parla della forza che credi di avere, fino a quando non si scioglie in lacrime. E della paura che credi di aver sempre ben nascosto, fino a quando tua figlia morente non te la legge negli occhi. «Ma Dio c’è anche in quei momenti, con la sua presenza salvifica».
Nel circo tenda che ospita l’auditorium non si sente volare una mosca fra un caldo applauso e l’altro. Qui si ascolta e si riflette. E si può solo imparare da certe dolorose storie. Chiudono i canti di Marco Aloisi. Testi e musica di un altro sambenedettese di valore. Un altro di quei giovani che, parafrasando Montale, riempiono bene il tempo. E riescono anche a colmare i vuoti.
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