di Gianluca Ginella
C’è, da 44 anni, un labirinto di piste intorno al mistero della morte dell’ex baronessa de Rotschild, l’inglese Jeanette May Bishop, 40 anni, e della sua amica e assistente, Gabriella Guerin, 39, friulana i cui resti vennero trovati il 27 gennaio 1982 sui monti sopra Sarnano, nel boschetto di Podalla. Le due donne erano sparire da oltre un anno, dalla sera del 29 novembre 1980. Perché questo mistero attira tanto? Perché è pieno di colpi di scena, di personaggi affascinanti come la bella ex baronessa, di incongruenze e scenari internazionali con tesi a volte dal sapore del romanzo. Viene però in mente che, forse, si è tralasciato qualcosa: la semplicità. E allora, se la soluzione fosse più tragicamente scontata? Questo verrebbe da pensare camminando sulla fredda logica.
Proviamo a mettere da parte la pista della morte bianca. Quella avvenuta per stenti e freddo in una bufera che quel giorno, il 29 novembre 1980, non c’era (la bufera venne il giorno seguente). Se non c’era la bufera che motivo avevano di abbandonare l’auto se non erano bloccate dalla tormenta? Allora forse c’è dell’altro. Se cade la tesi della bufera, resta quella del fatto violento, del duplice omicidio (e la procura di Macerata ha riaperto le indagini per questo tipo di reato, comunque l’unico ormai ipotizzabile perché non va mai in prescrizione).
Lasciamo da parte anche le tesi più complicate, come i collegamenti con il furto alla casa d’aste Christie’s di Roma o quelli con personaggi dei servizi segreti o il caso Calvi che non hanno mai portato alla soluzione del mistero e invece pare l’abbiano complicato.
Analizziamo nel concreto: ci sono due donne sole, di sera, in un luogo isolato. Sono in auto ma la fermano e scendono. Perché sono scese, lì sull’altopiano di Ragnolo, in località Fonte Troca di Acquacanina, di certo dopo le 17 mentre il buio incombeva e la neve era in arrivo? Hanno incontrato qualcuno? Avevano un appuntamento in un luogo isolato tra i monti? Probabilmente no, seguendo il nostro percorso, anche perché darebbe l’idea che si tratti di un incontro da tenere segreto e si ritornerebbe sempre alle piste da romanzo.
Semmai potrebbero avere incontrato qualcuno per caso, magari lo conoscevano, o li conoscevano, o magari no. Può darsi che siano state fermate con una scusa e abbiano arrestato l’auto e siano scese. O forse stavano guardando il panorama e passeggiando e sono state avvicinate.
A questo punto perché qualcuno le ha uccise? Se non per soldi (Jeanette quando è stata trovava aveva con sé i gioielli d’oro) e non per piste internazionali? Era un serial killer, che trova donne sole e le uccide? Forse strangolandole, non essendo stati trovati segni sulle ossa da far pensare che siano state uccise con una pistola o un coltello. Ma di serial killer in provincia non si è mai vista l’ombra. Quindi si può scartare.
Ma allora perché uccidere due donne? Non per i soldi, perché sono state trovate con oggetti d’oro. E poi non va dimenticato che Jeanette era una donna bellissima, ex modella. Ci sono state anche voci che avesse un amante in zona, ma sono voci mai provate e inoltre se avesse dovuto incontrarsi con un amante è difficile che ci sarebbe andata con una amica. Allora forse è più facile si tratti di uno sconosciuto. O più d’uno, perché è difficile che un uomo da solo possa sopraffare, se disarmato, due donne giovani. Magari le hanno seguite o incontrate per caso lassù, magari hanno fermato la loro auto e c’è stata un approccio o una immediata aggressione.
Ovviamente in questa ricostruzione di cose che stonano ne restano. A partire da quello che testimoniò il vicepretore Daniele Talocco (morto qualche anno fa), sul fatto di aver visto le due donne in auto in centro a Sarnano intorno alle 19. E allora, ammesso che la testimonianza sia corretta su luoghi, giorni e orari, proviamo un’altra ipotesi. Se con l’auto lassù non ci fossero andate loro? Se l’auto fosse stata portata là da qualcuno dopo che le aveva sequestrate o uccise da un’altra parte? Poi questa o queste persone potrebbero aver sistemato casa Galloppa in modo da far credere che le donne si fossero fermate lì in cerca di riparo. La porta dell’abitazione venne trovata sfondata mentre alcuni operai comunali dissero (lo riferisce il marito di Jeanette, Stephen May, nella sua relazione all’ambasciata britannica a Roma nel gennaio del 1982) che quel 29 novembre avevano visto casa Galloppa e la porta sembrava regolarmente chiusa. Quindi sarebbe stata sfondata solo nelle ore successive. Nella casa sono stati anche trovati capelli e sempre all’ambasciata, Stephen May diceva: «Una cosa è stata stabilita con certezza. Ad un certo momento le due donne sono state in quella casa. Le perizie legali su due tipi di capelli umani trovati nel bagno della casa hanno stabilito che un gruppo “potrebbe facilmente appartenere a “Jeannette” e che “possono esservi pochi dubbi che molti degli altri appartengono a “Gabriella”».
Quindi potrebbe non essere un depistaggio quello di casa Galloppa. Perché poi, se si voleva depistare, perché fermare l’auto così lontano dall’abitazione, ad almeno 500 metri? Per depistare sarebbe stato meglio fermare la piccola Peugeot 104 scura con cui si muovevano, nelle vicinanze, in modo da non far avere dubbi che le due donne fossero andate in quella casa a cercare rifugio (nelle tasche di una di loro venne anche trovata una forchetta che pare provenisse proprio da casa Galloppa). Ma poi, perché rifugio? Mica si poteva avere la certezza della nevicata così abbondante e che la vettura sarebbe stata trovata quasi tre settimane dopo. E anche qui, l’auto. Le chiavi sono state trovate insieme ai resti delle donne, nel boschetto di Podalla a circa 5 chilometri da dove si trovava la vettura. Ma se si volevano cancellare le tracce, perché l’assassino non ha nascosto l’auto? Forse non ha fatto in tempo, forse quella famosa bufera che venne il giorno dopo gli impedì di raggiungere l’auto e muoverla. E i corpi? Le donne sono morte lì a Podalla o – restando nella tesi dell’omicidio – i corpi sono stati spostati in seguito? E quando poi? Col buio mentre iniziava a nevicare o settimane dopo, passata la bufera (quando però le donne erano ricercate da centinaia di persone)? Ancora una volta in questa storia quando sembra esserci una logica da seguire emergono dettagli e particolari che cozzano, che creano incongruenze. Anche se, a pensarci, è spesso ciò che accade nei casi di omicidio: gli assassini non agiscono in modo razionale o agiscono per depistare. Quindi per cercare la verità l’unica possibilità è provare a seguire un percorso lineare. Ed è ciò che si è provato a fare in queste righe.
E un’ultima riflessione. Ma chi mai, in una sera fredda di fine novembre, poteva stare lassù? E inoltre con la neve in arrivo. Probabilmente, se è stato un duplice omicidio, la chiave è questa: se le hanno seguite, è facile fosse qualcuno della zona (di Sarnano o dei comuni vicini). Se stavano già lassù, perché ci stavano, e a fare cosa?
Sulle risposte, queste potrebbero venire dalle indagini della procura di Macerata, che ha riaperto il caso, riletto le carte e sentirà i testimoni di allora. Una decina in tutto, che saranno sentiti a partire da domani (altri verranno sentiti venerdì). Le indagini sono in mano ai carabinieri del Ros di Roma (con i militari di un ramo speciale, quello che si dedica ai cold case, che sarebbero in zona proprio per questa inchiesta) e del Reparto operativo di Macerata con il coordinamento del sostituto procuratore Francesco Carusi. Sinora gli inquirenti hanno riletto tutti gli atti e ripercorso le indagini che vennero fatte all’epoca. Hanno rivisto le piste di allora e stanno cercando la verità tra tutte quelle carte e risentiranno alcune persone per chiarire orari e movimenti delle due donne. C’è poi sempre una speranza, immutata da 44 anni, che se c’è qualcuno che sa cos’è accaduto finalmente parli.
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