di Luca Capponi
È impossibile ripercorrere la vicenda che ruota attorno alla valanga di Rigopiano senza avere il groppo in gola. Questa tragedia immane ha toccato tutti, in particolare il centro Italia, che in quel maledetto periodo stava vivendo mesi di sofferenza a causa del sisma e che, esattamente 8 anni fa, si trovava di fronte ad una delle nevicate più forti di cui si sia mai avuto conto negli ultimi decenni. Come se non bastasse, quei giorni furono caratterizzati da altre tremende scosse (la più forte di magnitudo 5.5) tra Umbria, Lazio, Marche ed Abruzzo, dove si registrò l’epicentro: neve e terremoto insieme, incredibile e spaventoso anche solo ricordarlo.
Molti, non solo nelle zone più colpite della regione e del Piceno, si trovavano senza luce. Chiusi al freddo. Impossibilitati a scappare a causa della neve che copriva le strade e circondava le abitazioni. Una situazione che, in proporzioni molto peggiori, hanno vissuto le 40 persone che si trovavano all’interno dell’Hotel Rigopiano, a Farindola, in provincia di Pescara. Ciò che accadde lì è purtroppo ben noto: una valanga staccatasi dal Monte Siella travolse il resort con 120mila tonnellate di neve e detriti, spazzandolo via. Morirono in 29. Erano le 16,49 del 18 gennaio 2017.
In questo periodo, ogni anno, sui media si torna a parlare con maggiore intensità della immane tragedia. Lo scorso novembre è uscita su Sky anche la docu-serie di Pablo Trincia “E poi il silenzio – Il disastro di Rigopiano”, che verrà trasmessa in chiaro proprio sabato 18 gennaio, in prima serata su Tv8, dalle 21,30.
È difatti importante che quanto accaduto resti bene impresso nella memoria di tutti. Per sempre. Tenere alta l’attenzione è ciò che chiedono giustamente i familiari delle vittime e tutti coloro che credono nella ragione. E che continueranno a lottare affinché ciò che accadde quel giorno resti un’eccezione. Una macchia indelebile e triste, sì, ma unica, di esseri umani morti in trappola.
Tra di loro, anche Marco Vagnarelli e Paola Tomassini, una giovane coppia del Piceno. Di Castignano lui, originaria di Montalto lei. La loro perdita, come quella degli altri, rappresenta un nervo scoperto che fa malissimo. Anche solo immaginare la paura, lo sconforto, l’attesa vana di poter andarsene, dei soccorsi. Lo scoramento e le lacrime. L’impotenza davanti al muro di neve. Fa male scriverlo, ma quelle 29 persone sono morte nella maniera peggiore. Consumate da ore di logorante ansia. Con il cuore imploso dal terrore. Sperando di essere salvate.
Per questo, e per molto altro, alle vittime di Rigopiano oggi si deve urgente giustizia. Nel senso più alto del termine. In quelle ore, infatti, si verificarono una serie di negligenze paradossali che contribuirono in maniera rilevante a far sì che l’hotel divenisse un insormontabile vicolo cieco per chi si trovasse lì dentro. I processi in corso, le battaglie legali, i tribunali, le pene assegnate o non assegnate, la rabbia e il senso di impotenza, come sempre, non restituiranno indietro nessuno. Ma mai come stavolta si avverte l’esigenza di accertare con dovizia i fatti e le responsabilità, una volta per tutte. Presto, prestissimo.
Per non trovarsi di fronte all’ennesimo sacrificio vano di questo sporco paese.
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