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Aborto farmacologico fino alla nona settimana al “Mazzoni”: le reazioni dei medici cattolici e dell’onorevole Latini

ASCOLI - A parlare sono il dottor Stefano Ojetti, ascolano e presidente nazionale dei Medici cattolici (Amci) che  pone anche l'attenzione sulle potenziali complicanze legate al farmaco, ed il collega Roberto Festa  del Comitato "Pro-life insieme" di Loreto 
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Reazioni contrastanti alla notizia che adesso all’ospedale “Mazzoni” di Ascoli è possibile l’aborto farmacologico entro le nove settimane e non più sette, adeguandosi – prima città delle Marche – alle direttive governative.

 

Tra i primi ad insorgere c’è il dottor Stefano Ojetti, ascolano e presidente nazionale dei Medici cattolici (Amci) che richiama il fenomeno della denatalità ma pone anche l’attenzione sulle potenziali complicanze legate al farmaco (sotto la sua dichiarazione).

Il collega Roberto Festa  del Comitato “Pro-life insieme” di Loreto fa appello alla scienza oltre che alla religione (sotto la sua dichiarazione).

 

 

L’onorevole Giorgia Latini

«Non è opportuno esultare di fronte alla facilitazione dell’accesso all’aborto, poiché si tratta pur sempre di un atto che nega la vita», afferma l’onorevole Giorgia Latini di fronte al commento di associazioni da anni impegnate nella difesa di tale diritto della donna. «È fondamentale – aggiunge Latini – applicare le normative esistenti e garantire il rispetto della scelta delle donne che decidono di interrompere la gravidanza. Tuttavia, il nostro impegno dovrebbe essere orientato verso politiche e misure che riducano le condizioni che portano a tale scelta, sostenendo in modo concreto le donne che si trovano in difficoltà, soprattutto da un punto di vista economico.

Questo governo si è distinto per l’attenzione rivolta a tali misure, dimostrando un impegno costante per offrire supporto alle donne e alle famiglie. 

Dispiace constatare l’atteggiamento di alcune associazioni, come Aied Ascoli (leggi qui, ndr), che sembrano esultare per questioni che andrebbero invece affrontate con maggiore serietà e responsabilità.

Esultiamo, piuttosto, quando riusciamo a offrire soluzioni e alternative che tutelino la vita e il benessere delle donne».

 

 

Il dottor Stefano Ojetti

Stefano Ojetti: «La somministrazione della pillola abortiva fino alla nona settimana di gravidanza è un risultato rilevante di cui essere “orgogliosi” ma che contribuirà inevitabilmente, a rafforzare l’inverno demografico della nostra città.

Risulta quantomeno singolare infatti che, in un momento dove la natalità nel nostro Paese è prossima allo zero e dove da più parti c’è l’invito rivolto alle Istituzioni a perseguire politiche per la famiglia con incentivi alle giovani coppie relativamente alle nascite, ci possa essere ancora chi, in nome di una ideologia contraria, favorisca tuttora l’aborto nelle sue varie forme.

Vale la pena qui ricordare che l’assunzione della RU 486 (mifepristone) non è scevra da effetti indesiderati e, in alcuni casi, anche da gravi complicanze che possono mettere in serio pericolo la vita della gestante potendo arrivare fino alla rottura dell’utero, tanto maggiore è l’età gestazionale, in seguito all’assunzione del Misoprostolo (prostaglandina), seconda pillola assunta per l’espulsione.
Le maggiori complicanze attinenti alla somministrazione di tale farmaco, leggibili nel foglio illustrativo, sono infatti relative al sanguinamento con eventuale necessità di emostasi chirurgica, l’anemia con necessità di trasfusione, l’infezione, oltre ad effetti collaterali minori come vomito, nausea, crampi dolorosi addominali, aumento della temperatura, cefalea, diarrea transitoria.

Il posticipare l’IVG dalla settima alla nona settimana allarga la platea di quelle mamme che ne potranno usufruire, ma che sono lasciate da sole a vivere il dramma dell’aborto tra dolori da espulsione ed emorragie, che provocano apprensione oltre a severe sindromi ansioso-depressive ed  un possibile rischio per la salute e, in alcuni casi, per la vita della donna.

L’auspicio è che si operi poi per il sostegno alla natalità non soltanto con misure economiche, ma anche con la possibilità da parte delle mamme di poter usufruire nei propri ambiti professionali di spazi adeguati dove poter provvedere all’allattamento o lasciare, così come già avviene in altri paesi, i propri bimbi in appositi nidi annessi ai luoghi di lavoro.
Ricreare infine la cultura della vita facendo comprendere che l’aborto è comunque una sconfitta che non tiene minimamente in conto il diritto alla vita del feto, è una perdita per la madre che la segnerà comunque per tutta la vita, ed è un fallimento per la società che non ha saputo creare le condizioni favorevoli a che quella mamma fosse messa in grado di poter dare alla luce il proprio bimbo».

 

 

Roberto Festa: «L’aborto procurato o volontario che dir si voglia, farmacologico o chirurgico, elimina un bimbo con il cuore che batte a 20 giorni dal concepimento. La biologia è concorde in merito, basterebbe riconoscere la verità scientifica. Per un credente c’è un’aggravante: l’interruzione di gravidanza sembra essere la versione moderna del sacrificio umano in una società neo-pagana. Il bambino nella pancia della mamma viene sacrificato ai moderni idoli che chiamiamo Autodeterminazione, Libertà sessuale, Sovrappopolazione.  Infatti ecco ricomparire ad Ascoli Piceno l’Aied, associazione per “l’educazione demografica”, perché evidentemente per fare figli bisogna chiedere il permesso, bisogna essere “educati”.

Questa novità dell’ospedale di Ascoli mette in luce le menzogne dei partiti che le sostengono, perché dimostra che non serve un intervento della Regione per usare la pillola abortiva fino a 9 settimane di gravidanza. Nelle Marche nel 2013 nascevano 12mila bambini, nel 2023 ne sono nati 8mila: meno 33% in 10 anni (dieci, non cento). La legge 194 dice che i medici, per autorizzare le donne ad abortire, devono riscontrate “seri rischi per la salute”, e non è pensabile che l’altissimo numero di Ivg effettuate sia determinato dalla necessità di salvare la vita della mamma. Vogliamo sapere caso per caso quali sarebbero questi seri rischi per la salute, perché ogni vita vale, soprattutto quella dei nostri bambini».


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