«La gestione di Atim non riguarda il presidente della Regione Francesco Acquaroli». Il governatore delle Marche riassume così la sua posizione riguardo l’Agenzia per il turismo e l’internazionalizzazione delle imprese creata a fine 2021 per il rilancio del turismo nelle Marche, ambito per il quale lo stesso Acquaroli ha tenuto per sé la delega.
L’attività di Atim e i circa 12 milioni stanziati dalla Regione in appena due anni per il suo funzionamento, dopo la denuncia e il dettagliato resoconto delle spese che aveva svelato il gruppo in Regione del Pd, sono finiti sotto la lente della giornalista Lucina Paternesi di Report, programma di RaiTre andato in onda ieri sera, con un’intervista al governatore che, messo alle strette, ha giocato allo scaricabarile.
Tra affidamenti diretti, personale assente e gestione delle risorse, anche la Corte dei conti aveva espresso delle perplessità in merito all’Agenzia. E lo stesso Acquaroli ha provato a parare il colpo sottolineando che «la Corte dei conti ha dato dei suggerimenti all’ente, ma mi piace anche ricordare che è stata costituita una Commissione per controllare gli atti di Atim». A giudicare sarà il dirigente ad interim dell’Agenzia stessa.
Ma andiamo per ordine, partendo proprio dalla volontà del governatore di costituire Atim nel 2021: «Un progetto che si pone l’obiettivo di costruire un percorso solido e concreto che unisca territori e crei consapevolezza del valore della regione – aveva detto -. Con Atim noi abbiamo colmato un vuoto, l’Agenzia ha capacità di agire in maniera più veloce rispetto ai tempi del dipartimento». Ma qualche dubbio resta per un progetto che accumula sin da subito spese su spese: dagli 80mila euro per i primi tre anni per l’affitto della sede «ai 748mila euro di spese di personale in bilancio» come sottolinea la consigliera regionale dem Micaela Vitri.
Spese per il personale che si fa fatica a trovare in sede, come si denuncia in un video che ritrae gli uffici vuoti e che Acquaroli giustifica dicendo che «quel giorno gli impiegati erano fuori per degli eventi». Ma non sarebbe stata l’unica volta, dal momento che anche Gaetano Francesco Intrieri, Ad di Aeroitalia, compagnia con cui Atim ha firmato un contratto da 750mila euro per servizi di promozione e marketing, confida che «quando il nostro ufficio marketing scriveva ad Atim non rispondeva mai nessuno (…)».
Senza nascondere i dubbi riguardo l’affidamento del servizio ad Aeroitalia senza un bando di gara; fatto che spinge l’Ad a fotografare il momento della firma del contratto «per paura che potesse essere disconosciuto». Al momento di pagare, Atim non versa la prima tranche da 250mila euro e Aeroitalia sporge denuncia. «C’è un contenzioso su cui già si è espresso un giudice – dice Acquaroli -, credo ci siano problemi riguardo il contratto». Il caso Aeroitalia aveva portato poi anche alla perdita dei voli di continuità, poi ripristinati con un nuovo bando e una nuova compagnia.
Ma questo non è l’unico nodo che Atim si trova a sciogliere dopo le dimissioni di Marco Bruschini, a capo dell’Agenzia fino a giugno scorso con uno stipendio di 186mila euro l’anno. «C’è l’impressione – dice il consigliere regionale del Pd, Romano Carancini – che non ci fosse un controllo su Atim rispetto all’attività di Bruschini. E questa è una responsabilità politica».
Ed ecco snocciolati affidamenti diretti a tre società romane con sede nella stessa via, di cui almeno due fanno capo alla stessa proprietà, e l’incarico a un’agenzia in cui opera il padre del capo segreteria di Acquaroli. Ma se le società sono le stesse, perché gli affidamenti vengono divisi? «Negli affidamenti – rimarca Vitri – sopra i 140mila euro è obbligatoria la gara d’appalto perché lo prevede la legge e molte volte notiamo che viene spacchettato l’importo o in altri casi si resta sotto soglia di 500 euro».
Ma il governatore anche qui si smarca: «Il direttore Bruschini aveva una sua autonomia – dice – ci informava di quello che faceva, ma non entravamo nelle sue procedure. Mi ha un po’ deluso l’organizzazione – ammette – ma al netto di questo Bruschini ha fatto promozioni molto utili ad aprire delle opportunità. Il capo segreteria? È entrato nel mio staff nel 2023, mentre l’incarico alla società risale a due anni prima». Nel corso di Report vengono citati anche i soldi spesi per gli spot con due testimonial d’eccezione: l’ex ct della Nazionale, Roberto Mancini, a cui sono stati corrisposti 600mila euro più un addendum di 300mila dato in beneficenza; e Marco Tamberi, oro olimpico di Tokyo 2020: per lui altri 600mila euro, ma lo spot in Tv non è mai stato trasmesso. Sollevati dei dubbi anche riguardo i risultati in termini di presenze ottenuti grazie agli spot televisivi: l’Istat colloca le Marche al penultimo posto in quanto a crescita turistica.
«Dato da contestualizzare – secondo Acquaroli – perché non bisogna nascondere che noi siamo riusciti a crescere con le presenze rispetto al 2022, nonostante quello fosse già stato un anno straordinario». Infine la decisione di investire in pubblicità su due quotidiani locali per promuovere la stessa regione dove i giornali vengono distribuiti con investimenti di 200mila nel 2023 e 250mila nel 2024: «Tenere buona la stampa? Macché – ribatte Acquaroli – questi affidamenti ci sono sempre stati».
Oggi il Pd torna all’attacco sulla questione. «Un presidente che è anche assessore al Turismo e non conosce ciò che delibera e ciò che fanno i suoi nominati è un fatto gravissimo, che non può che indignare tutti i marchigiani – attacca la segretaria regionale dem Chantal Bomprezzi – Come possono i cittadini fidarsi di una gestione che ha distribuito denari pubblici senza alcun criterio e senza risultati concreti per il territorio? Volano i milioni di euro a destra e a manca, ma le ricadute sul territorio sono nulle. Con quei soldi si sarebbero potute finanziare iniziative concrete per valorizzare le nostre eccellenze e sostenere gli operatori del turismo, che invece assistono impotenti a una gestione quantomeno discutibile».
(redazione CM)
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