Il racconto di Maria, staffetta partigiana: «Durante i rastrellamenti ci nascondevamo sotto il letto»

COMUNANZA - La testimonianza della donna, classe 1928, durante l'evento per gli 80 anni dalla liberazione dal nazifascismo. Oltre 45.000 partigiane donne hanno rischiato in prima persona e portato avanti l'economia dell'Italia durante quegli anni bui
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di Paola Eleuteri

 

Un interessante pomeriggio del 25 aprile nella sala consiliare di Comunanza per commemorare il 25 aprile e gli 80 anni di ricorrenza della Liberazione dal nazifascismo.

Maria omaggiata dal sindaco Sacconi

 

Dopo il saluto istituzionale del sindaco, Domenico Sacconi, anche i sindaci di Amandola e Montemonaco, Adolfo Marinangeli e Franca Grilli, sono stati invitati a portare la loro testimonianza ricordando le gesta dei valorosi eroi e caduti di guerra dei rispettivi paesi. Un’occasione per far conoscere a tutti quanto i tre comuni confinanti siano, già da quei tragici tempi, fortemente legati.

 

All’interno di questi territori, come ha sottolineato la professoressa Rita Forlini dell’Anpi di Ascoli, c’erano infatti molte vie di fuga e di salvezza, punti strategici di transito, rifugi di montagna per prigionieri e renitenti di leva. Ripercorrere queste tappe serve a non perdere la memoria storica e far conoscere ai giovani tutto il valore e la gratificazione di una generazione che ha lottato con il sangue per la libertà e la democrazia di cui oggi si gode.

 

Il pubblico presente è stato però letteralmente rapito dal racconto della signora Maria Santiloni Cavatassi, classe 1928, conosciuta staffetta partigiana comunanzese. Intervistata dal giornalista Francesco Massi, con molta emozione, ha tenuto alta l’attenzione raccontando il contributo della donna in generale alla Resistenza Italiana e il suo, personale, a quella del territorio.

Si parla spesso delle bande partigiane delle Marche ma non sempre si menzionano le donne; una forza silente che non lascia traccia del suo autentico operato, quello che parte dal cuore, naturale, spontaneo e materno e quindi non importante da sbandierarlo. Eroine nascoste nei libri di storia, donne che aiutavano i clandestini e i fuggiaschi nella speranza che altre madri e mogli, in tutti i luoghi possibili, avrebbero riservato lo stesso trattamento ai loro mariti e ai giovani figli.

 

Nessun particolare riconoscimento per le oltre 45.000 partigiane donne che hanno rischiato in prima persona e portato avanti l’economia dell’Italia. Una schiera di lavoratrici che hanno custodito case e fabbriche coprendo posti lasciati vacanti dagli uomini impegnati al fronte. Contadine che facevano la staffetta per portare il cibo, casalinghe che cucinavano, operaie di fabbrica che custodivano le macchine o nascondevano i pezzi dalle razzie dei tedeschi. Quei tedeschi crudeli e spietati da cui difendersi che, con la complicità di chi conosceva i nostri territori, hanno reso per troppo tempo la vita impossibile alla nostra gente.

 

Nel nostro piccolo, quindi, come dice la professoressa Forlini, è doveroso un riconoscimento pregevole da parte di questa comunità; niente medaglie ma un valore civile alle donne del Fermano e un valore militare alle donne del Piceno. Maria ha continuato a parlare come un fiume in piena, un libro vivente, portatrice di valori, meglio di qualsiasi fiction televisiva, ha sottolineato il giornalista.

Quella minuta anziana signora nel tempo è stata una grande attivista di partito e una sindacalista che organizzava grandi manifestazioni di piazza. Aveva assorbito tutte le lezioni di chi le aveva spiegato il valore della libertà e le ideologie. Con forza le ha portate avanti non rinnegando le sue origini.

 

Una famiglia umile, la sua, 7 figlie femmine e 1 maschio. Quando i tedeschi facevano i rastrellamenti si nascondevano sotto il letto. Ricorda lucidamente tutti i momenti di terrore e una fucilazione al cimitero di cui è stata testimone. Nel tentativo di gridare per l’orrore le fu tappata la bocca ed evitò di essere scoperta. Nonostante la miseria ha raccontato, con orgoglio, quanto fossero generose le persone.
Sempre disposte ad accogliere, a nascondere, a condividere quel poco di cibo della mensa e i vestiti rattoppati.

Partigiani italiani

 

Anche la sua famiglia era direttamente coinvolta negli atti di generosità, tutti loro facevano da staffetta per il cibo, sotto metri di neve, in quell’inverno rigido del ’43, scavando cunicoli fino ai boschi. Si addentravano nelle grotte, nascoste ad arte con le fascine e il materiale del sottobosco.

 

«Rischiavamo ogni giorno e, purtroppo, oggi per difendere gli ideali non si rischia più», ha dichiarato con grande rammarico.

 

Maria ha raccontato che sono trascorsi 80 anni da questi eventi e i giovani del tempo volevano liberarsi dal giogo della persecuzione, della tirannia con un fortissimo senso di ribellione che ha costretto i tedeschi alla resa. Una generazione che voleva essere protagonista, con un grande compito, a volte con moti organizzati, a volte con gesti spontanei. Questa è stata la Resistenza; la forza di un popolo identitario, contro l’oppressore straniero, con idee politiche anche diverse ma con un unico scopo contro l’inganno.

 

Sconfiggere il nemico era prioritario, con determinazione, con una forza di intralcio fatta di ribelli e di clandestini ma riconosciuta da tutti. Tutto questo, ha continuato nel discorso, ha portato una grande ricchezza, la liberazione dal dominatore, la solidità di un popolo e, soprattutto, l’emancipazione della donna dal patriarcato, la sua ascesa a ruoli pubblici e il suffragio universale.

 

«Tutti insieme ci sedemmo intorno ad un tavolo e, anche con idee diverse, nell’interesse del popolo italiano, scrivemmo la miglior costituzione del mondo. Anche oggi dovremmo fare così».

 

Ancora vivida la forza combattiva di Maria, ha concluso dandoci una lezione di politica comunitaria: «La guerra è inumana, non cristiana, non esiste una buona guerra. Dobbiamo costruire la pace con i fatti e non a parole; un’Europa di pace, gli Stati Uniti d’Europa erano il bel proposito, avremmo dovuto dare un esempio. Avevamo un intento comune già verso la pace e invece pensiamo ad investire milioni di euro per armarci».

 

Così Maria, 97 anni e non sentirli, ha reso questa grande testimonianza regalando ai presenti un prezioso pomeriggio.


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