di Luca Capponi
(foto di Andrea Vagnoni)
«Siamo qui anche per portare un sorriso a chi vive da queste parti». Ma non era solo un sorriso. Era tenerezza, era conoscersi attraverso la musica, le parole. Era empatia. Qualcosa di difficilmente spiegabile, che solo raramente si verifica. Affinché accada, infatti, occorre essere in due. A formare una rara combinazione: animo sensibile ed ispirato da una parte, recettore predisposto a coglierne l’essenza dall’altra.
Nel pomeriggio di martedì 17 luglio, sugli oltre 1.00o metri del Poggio della Pagnotta (Caldarola), questa alchimia si è rivelata nel suo splendore. Luca Carboni è l’animo capace di toccare le corde più intime, il pubblico di RisorgiMarche la platea più pulita, composta e meritevole di cotanto stupore.
E il gioco è fatto. Neri Marcorè sembrava quasi saperlo: «Oggi vi siete guadagnati un posto in paradiso» aveva detto nell’introdurre il cantautore bolognese, agevolato nel compito da una natura mozzafiato, con visuale a (quasi) 360 su monti e vallate. Salvo poi aggiungere quello che un po’ tutti i presenti pensavano: «Per me si tratta di emozione doppia, amo Carboni sin da quando studiavo a Bologna».
Non che sia difficile amare pezzi come “Ci stiamo sbagliando“, “Silvia lo sai“, “Farfallina“, “Inno nazionale” o “Luca lo stesso“, brani sempiterni che hanno caratterizzato l’ora e dieci di concerto del buon Carboni. «Ognuno vive portando dentro di sé il posto in cui è nato e cresciuto, anche se si va via o lo si odia questo rimane sempre nel dna. Il mio pensiero è per il vostro cuore» ha detto emozionando prima di attaccare, applauditissimo, “Bologna è una regola”, coadiuvato dalla rodata band formata da Vince Pastano (chitarre), Ignazio Orlando (basso) e Antonello Giorgi (batteria).
Poi è arrivata la sorpresa, con Marcorè a duettare sulle note di “Vieni a vivere con me” («Finalmente possiamo rivelare alla moglie di Luca il nostro progetto, finora non avevamo avuto il coraggio», hanno detto strappando risate) e “Mare mare“, impatto suggestivo e straniante in un contesto così diverso dalla Riccione evocata, ma coinvolgente come pochi.
«E’ stato bellissimo, non so come ringraziarvi. Questa canzone è per tutti voi, perché fuori dalla ironia “fisica” c’è un messaggio forte che voglio trasmettere alle Marche». E poi via con “Ci vuole un fisico bestiale”, uno degli inni carboniani per eccellenza, a chiudere un pomeriggio che si è ben impresso nella storia di RisorgiMarche, il festival che vuole tenere viva l’attenzione sui luoghi colpiti dal sisma della regione. Il pubblico, dal canto suo, sembrava quasi saperlo, un po’ come Marcorè all’inizio; 5 chilometri per salire e altrettanti per riscendere non sono niente, quando indietro tornano arte, cuore, carezze. Come in una rara combinazione che troverà sempre la sua ragione d’essere.
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