di Maria Nerina Galiè
Luca Buttafuoco, il loro presidente, li chiama “Angeli del Mare”, sorvegliano la costa Adriatica da Porto D’Ascoli a Lido di Fermo dalle torrette posizionate ogni 140 metri e fischiano ai bagnanti che non rispettano le regole ma sono pronti a buttarsi in acqua alla prima avvisaglia di pericolo. Sono i ragazzi della cooperativa Assistenti Bagnanti, 110 in tutto di cui 32 a San Benedetto del Tronto, 23 a Grottammare, 20 a Cupra Marittima e 35 per Porto San Giorgio e Lido di Fermo. Tutti sono muniti di brevetto di salvataggio acquisito con tre mesi di severo addestramento per nuoto, soccorso in mare, Blsd (supporto di base delle funzioni vitali e defibrillazione veloce) ed utilizzo del pattino. Le loro imprese spesso restano fuori dai clamori della cronaca perché «uno sguardo vigile ed attento sullo specchio d’acqua di competenza di ciascuno di noi – spiega Stefano Buttafuoco, coordinatore di zona di Grottammare – previene molti incidenti di cui tanto si parlerebbe». Si perché esistono delle regole di comportamento in mare, scritte dalla Capitaneria di Porto ed affisse all’ingresso di tutti gli stabilimenti balneari, che però molti nemmeno guardano, figurarsi a rispettarle. In acqua ad esempio ci sono due boe. Una bianca che dovrebbe essere posizionata nel punto in cui l’acqua raggiunge circa un metro di profondità, al di là della quale non dovrebbe andare chi non sa nuotare. L’altra è rossa e sta a 300 metri dalla riva. Questa non deve essere superata per nessuna ragione, poiché demarca il confine non transitabile per i natanti a motore. Chi sa nuotare dunque corre il rischio se non di annegare di essere travolto da un motoscafo o altro. «Premesso che noi siamo sempre in allerta – spiega Buttafuoco – se qualcuno supera i limiti scendiamo in acqua. Come in caso di condizioni meteo avverse e di mare mosso. Dove vediamo una situazione di potenziale rischio, dobbiamo fischiare e invitare al rientro». Invito che il più delle volte viene declinato in modi più o meno cortesi. Mentre al fischietto viene data la stessa considerazione di quello del venditore di cocco. Del resto i bagnini non possono fare le multe quindi le loro divise, calzoncini e canotta rossa, non incutono il reverenziale timore di quelle di guardia costiera o vigile municipale. Eppure la competenza dei bagnini va al di là di regole e ordinanze. Un occhio esperto è anche in grado di valutare le abilità del nuotatore di turno. «Ci basta vedere due bracciate per capire. In ogni caso, attira sempre la nostra attenzione chi si avventura a ridosso o oltre gli scogli per una nuotata in solitaria. Un crampo o una congestione non avvisano e se si è soli, dare l’allarme è impossibile». Eccoli dunque, a seguire non solo con lo sguardo, ma ad accerchiare con il pattino, come uno squalo la sua preda, l’aspirante Magnini o Pellegrini, la signora sul materassino con figlioletto al seguito pure se c’è vento, l’allegra comitiva che gioca a pallone e piuttosto che perderlo tra le onde si avventura oltre i limiti imposti da regolamento e buon senso. Puntano molto sulla prevenzione i baywatch di casa nostra e chiedono più collaborazione sia da parte dei bagnanti che delle istituzioni. «Per legge, i cinque metri della battigia devono rimanere sgombri per non coprire la visuale e dare modo agli eventuali soccorritori di agire velocemente. Spesso però troviamo gli spazi occupati da lettini o carretti degli ambulanti. Maggiori controlli, soprattutto nei gironi festivi in cui le spiagge sono popolatissime, non sarebbero superflui».
Nonostante una serrata azione preventiva, a volte però succede l’imprevedibile. Il fischio del diventa un inquietante segnale di allarme, se triplo e prolungato, per i due colleghi delle torrette confinanti. Si interviene in tre, e nella maggior parte dei casi si chiama il 118, nell’emergenza che può trasformarsi in tragedia che poteva evitarsi, forse, dando retta al fischietto quando il suono era solo irritante.
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