Un camion che prende fuoco in galleria, l’asfalto che si scioglie e la volta del tunnel che inizia a perdere pezzi. L’Autostrada viene chiusa e il sud delle Marche piomba nel caos viabilità. «Di fronte a questo quadro, frutto di una banale vicenda di cronaca che per fortuna non ha procurato vittime, emerge l’arretratezza del sistema stradale, e più in generale di collegamento, del nostro territorio», commentano i vertici di Confindustria Centro Adriatico.
Il presidente Simone Mariani, il vice vicario Giampietro Melchiorri e i due responsabili del settore edile Ubaldi e Violoni, si rivolgono alla politica: “Ora, tutti chiedono, tutti alzano la voce, tuti avanzano proposte. Ma va guidato questo assalto alla diligenza”.
IMBUTO D’ITALIA
Il punto di partenza per cui sedersi al tavolo e ragionare è semplice: «Autostrada, ferrovia e statale Adriatica sono tre rette parallele e vicine che finiscono per congestionarsi non appena qualcosa modifica il loro percorso lineare. Questo non è più accettabile, soprattutto per un contesto industriale come il nostro che ha bisogno di attenzione per ripartire e di servizi per permettere a chi funziona di continuare a correre».
Il primo consiglio che gli imprenditori danno anche a loro stessi è di «imparare guardando ai vicini, pensiamo a Senigallia che ha girato il casello e ha ottenuto l’ex A14 come tangenziale. Il piano d’azione deve essere politico e imprenditoriale. Ma da parte di Società Autostrade ci deve essere la volontà di investire. Quanto successo nella galleria di Grottammare è l’emblema di questa necessità».
Quello che Confindustria Centro Adriatico rifiuta è che si tornino a usare parole come «dubbio, possibilità, progettazione». Un’opera di straordinaria manutenzione sta bloccando l’A14 da giorni creando ingorghi infiniti. «La Statale Adriatica passa dentro i centri abitati, quindi è non adatta a garantire la viabilità. Siamo l’imbuto dell’Italia. E le aziende che lavorano qua come possono muoversi se si ritrovano i prodotti bloccati e non possono consegnare? Parliamo di realtà agroalimentari che fatturano insieme oltre un miliardo di euro o del settore calzaturiero alle prese con le consegne degli ordini».
LE PRIORITÀ
«Oltre alla terza corsia che è una necessità inequivocabile, le manutenzioni di tipo ordinario vanno fatte sempre più spesso. Se il traffico prima chiedeva di cambiare un giunto ogni dieci anni, oggi ne bastano cinque. Bisogna che qualunque cosa succeda 4 corsie siano aperte. In particolare su un territorio come le Marche che collega sud e nord dell’Italia».
Quanto successo è servito anche per capire quale è lo stato di altre strade e della situazione in cui versano le Provinciali. «Provate a percorrere la Sp 22, diventata l’alternativa di chi da nord doveva raggiungere il sud e vedrete cosa ha significato lasciare le Province senza risorse».
NUOVI OSPEDALI, SUBITO LA MEZZINA
«Gli ingorghi hanno rilanciato la Mezzina, la bretella che dovrebbe collegare la zona industriale di Ascoli all’uscita di Montecosaro. Questa strada si allaccerebbe con il tratto già pronto nel Teramano. Se in Abruzzo mancano sei – sette chilometri per completarla, nelle Marche il buco è di 50. Parliamo – ribadiscono i presidenti – di una strada necessaria per tanti motivi: diventa un’alternativa, ma soprattutto sarebbe il collegamento verso le zone interne, che chiedono con forza le varie mare-monti. La Salaria è partita con i suoi cantieri, serve una Valdaso più moderna e poi lavorare sulla Valdete e la Faleriense.
In prospettiva dei due nuovi ospedali, Campiglione di Fermo e la zona di Spinetoli per il Piceno, la Mezzina diventerebbe l’anello di congiunzione perfetto anche per i paesi collinari che altrimenti non saprebbero come arrivare ai nosocomi». Investimenti onerosi quanto necessari: «Noi imprenditori siamo pronti a fare la nostra parte, aspettiamo solo che la regione ci chiami per ragionare sulle priorità e le necessità. Bisogna prendere decisioni rapide e forti, collettive. Impossibile non spingere sulla terza corsia, considerando che una A14 così stretta impedisce anche la manutenzione. La sicurezza ha bisogno di spazi. Ma qualcuno si è chiesto cosa sarebbe successo in caso di incidenti o malori nello scorso fine settimana? Prima la sicurezza, poi valutiamo su come fare i lavori, sugli appalti e la loro caratterizzazione per permettere alle imprese locali, già fioccate dal sisma, di risollevarsi».
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