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L’artista e gli influssi del suo tempo
Savini indaga il transgenico

LIBRI - L'autore offidano, critico d'arte e giornalista, torna a pubblicare per Pisa University Press. "Arte transgenica. La vita è il medium" focalizza l'attenzione sugli importanti sviluppi nel campo alla luce delle tecniche di ingegneria genetica
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di Martina Fabiani

Accomunati dall’intento di ampliare sempre di più il raggio della percezione del mondo, le due discipline dell’arte e della scienza -dopo innumerevoli conflittualità e divergenze- dal XX secolo si sono trovate ad incrociare spesso i loro sentieri. I computer, tutta l’evoluzione digitale, gli sviluppi nel campo della biochimica e della genetica hanno portato ad una fusione sempre più stretta, tanto da rendere i confini sempre più labili. Figli di un’epoca fluida e precaria, in cui l’idea di limite è diventata vacua e aleatoria, la figura dell’artista diventa poliedrica e subisce gli influssi del suo tempo tanto da considerare l’opera d’arte come un luogo di transizione e contaminazione in cui confluiscono vari linguaggi, metodi e aspetti della vita sociale per una nuova e radicale ridefinizione culturale.

Mario Savini

Da queste premesse si articola il libro “Arte transgenica. La vita è il medium” dell’autore offidano Mario Savini, critico d’arte e giornalista. L’opera è stata appena pubblicata da Pisa University Press, la casa editrice dell’ateneo pisano, ed è il risultato di una ricerca durata quattro anni. L’attenzione è posata sugli sviluppi in campo artistico come conseguenza dell’uso di tecniche di ingegneria genetica, campo che se agganciato alle pratiche artistiche costringe a rivedere il significato stesso dell’“arte”. Il libro si divide in tre parti. La prima è una riflessione sull’arte transgenica e sulle forme assunte dalla creatività nell’era postmoderna, dove l’opera d’arte non è definibile, in quanto insieme di pensieri, valori, percezioni, osservazioni. Ambigua, svincolata, smaterializzata, ibrida e viva, l’opera d’arte è, quindi, diluita nella vita. L’arte transgenica considera i cambiamenti avvenuti alla fine del secolo scorso e si concentra – come delineato da Savini– su tre ricerche: la vita (gli esseri viventi), l’interazione (è il pubblico che plasma il lavoro) e la processualità (il principio estetico si basa sull’instabilità e non sull’oggetto).

La seconda parte del libro costituisce, invece, un vero e proprio censimento. Vengono elencati in ordine alfabetico tutti gli autori che hanno messo in atto la bioarte ed hanno quindi utilizzato materiale genetico per realizzare opere d’arte. Da Metabodies di Sanja Bäumel, progetto focalizzato sulla comunicazione dei batteri che in varie occasioni di formano nell’ecosistema umano a Star Stuff dell’americano Zachary Copfer, che ha ripreso foto del cosmo scattate da un telescopio per poi riprodurle con dei batteri di E.Coli modificati con GFP (proteina fluorescente verde) con lo scopo di suggerire una visione poetica dell’universo. Il primo artista che ha realizzato un’opera d’arte transgenica è, come riportato da Mario Savini, Joe Davis nel 1986, presentando al pubblico Microvenus, lavorando con molecole di DNA sintetico.

La copertina del libro

Per finire, nella terza parte troviamo alcune interviste sul tema del libro per fornire al lettore uno spettro più ampio rispetto alla cultura visiva contemporanea e permettergli di comprenderne l’evoluzione. Lontano dai dogmatismi in “Arte transgenica. La vita è il medium”, l’autore offidano si interroga sulla doppia evoluzione di arte e scienza senza «pronunciare diagnosi troppo definitive», come scrive Yves Michaud nella prefazione al testo. Il fine del volume è, infatti, anche quello di porre interrogativi riguardanti il campo artistico nel suo senso più lato, tenendo sempre a mente come tutto sia in continua evoluzione. Così come l’arte transgenica ha fatto con le teorie che l’hanno preceduta, probabili sviluppi futuri nel campo scientifico o digitale potrebbero, a loro volta, vanificare o superare quanto finora esposto.

Andare oltre il noto per approdare a nuove scoperte, allontanarsi dall’ordine prestabilito per crearne un altro, disegnare nuovi spazi e nuove realtà. Questo fanno da sempre l’arte e la scienza, così diverse eppure così simili. Entrambe si mettono a servizio dell’intuizione, dell’esperimento e delle idee, sono sguardi che rifuggono dal superficiale e dallo scontato. «Con l’arte transgenica -scrive Savini- la natura viene modellata, trasformata e reinventata secondo le volontà dell’uomo e le possibilità della tecnica. […] è il caso di dire che la carne si è fusa con la tecnologia, creando qualcosa che non esisteva in natura e che ha cancellato, di fatto, le differenze tra naturale e artificiale, tra reale e simulazione, tra sintetico e biologico».


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