di Luca Capponi
(fotoservizio di Andrea Vagnoni)
«Vedete quei cartelli lì? Cosa ci stanno a fare se nessuno li fa rispettare? Ormai siamo esasperati, la situazione è invivibile, davanti casa troviamo di tutto e se proviamo a dire qualcosa ci sputano anche in faccia. Quando arriva il buio, poi, meglio chiudersi dentro».
Per fortuna, buio non è ancora. Sono appena le 10. Ma sul “chilometro dell’amore” c’è un movimento da sabato sera. Un sabato sera sospeso tra un film del primo Scorsese e un libro di Pasolini. In peggio, però: degrado ambientale che mette a disagio, prostitute di ogni ordine e grado, fuochi accesi, rifiuti, materassi sul ciglio della strada, baracche, buche nell’asfalto, una donna intenta a rollare una dubbia sigaretta proprio in mezzo alla rotonda, ciclisti in allenamento, sterpaglie, spacci più o meno nascosti, fabbriche in piena attività, anziani in bici che si fermano a contrattare. Poi ci sono i residenti, che in un luogo così dovrebbero e vorrebbero viverci in pace. E una serie di cartelli che suonano un po’ come una beffa: “Divieto di contrattare prestazioni sessuali su tutto il territorio comunale. I trasgressori saranno puniti con sanzioni fino a 500 euro”.
«Non ce la facciamo più. Il via vai comincia già alle 8 di mattina, le ragazze arrivano dal ponte prima della rotonda di Pagliare. Negli anni il fenomeno è peggiorato, siamo talmente arrabbiati che facciamo fatica a parlarne. -raccontano- Non c’è controllo, comandano loro e succede di tutto, soprattutto quando cala la sera, visto che non c’è neanche illuminazione. Siamo dimenticati e rassegnati, di noi non importa niente a nessuno. qualche anno fa avviammo anche una raccolta firma, ma poi non se ne è fatto niente».
Due regioni, due province e una manciata comuni attraversati. Proprio sul confine. Non solo geografico e politico. Ma tra legalità e illegalità. La storia della strada della Bonifica del Tronto e dei suoi mille rivoli, difatti, parla chiaro. Dalla notte dei tempi base fertile per la criminalità, che sfrutta la zona soprattutto a livello di prostituzione. Le italiane, una volta, erano le tossiche in cerca di soldi facili. Oggi la maggior parte delle ragazze in strada provengono dall’Africa e dall’est Europa.
Il nostro giro prosegue ma a livello visivo potrebbe già finire, tanto è lo squallore. Sono le 11 quando sostiamo nei pressi di un incrocio per scattare un paio di foto. Non facciamo in tempo a fermarci che una macchina si avvicina minacciosa piazzandosi dietro la nostra. Dentro c’è una donna che suona il clacson e gesticola. Non scende. Resta immobile e ci fissa da dietro gli occhiali da sole. Scendiamo noi. «Cosa ci fate qui. -ci dice- Questo è il posto dove lavoro». Chiara e lapidaria. Appena scopre che siamo giornalisti, però, se ne va.
«Stare in strada è pericoloso, abbiamo paura, ma dobbiamo lavorare. Chi deve “proteggerci” non c’è, qui ci lasciano sole. Ora basta, non posso parlare», dice una ragazzina di colore dalla maggiore età fortemente in bilico. Arriva dalla Nigeria. Lei come tante, lei come simbolo di ricatti e maltrattamenti. Di solito stanno in strada per questo motivo, “deportate” dai loro paesi d’origine. Prestazioni che partono dai 7 euro e di solito non superano i 15. Ma alcuni sono pronti a pagare più del doppio pur di avere rapporti non protetti. Sembra assurdo, ma è così. D’altronde, dicono le statistiche, in Italia gli uomini che vanno con le prostitute sono 7 circa milioni. Le ragazze che si alternano qui alla Bonifica, invece, sono poco meno di un centinaio, h 24. Solo qualche metro oltre, al di là della strada, la vita scorre normale, quasi indifferente. Come se questa fosse una dimensione a parte, la realtà parallela di un mondo storto.
(continua)
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